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Banlieue 13

Regia di Pierre Morel vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Banlieue 13

di alan smithee
6 stelle

locandina

Banlieue 13 (2004): locandina

Stessa periferia degradata e ridotta a ghetto; città differente, così come il continente. Confrontare il tiepido remake americano (Brick Mansions, ambientato in una futuristica-ma-non-troppo Detroit) visto di recente al cine e balzato alle cronache e tristemente noto più che altro per essere uno degli ultimi film interpretati dalla star Paul Walker, prematuramente scomparsa in seguito ad un incidente d’auto poco dopo la fine delle riprese, con l’originale girato dieci anni prima. Un action movie ambientato nell’allora prossimo futuro del 2010 di una periferia parigina cintata da un alto muro perimetrale che ne isoli tutti coloro che vi si trovano all’interno, che per noi ora è già un passato su cui si è formata la polvere. Un confronto che diviene l’aspetto più insolito ed originale, unico appiglio intrigante che mi ha indotto a visionare una storiella piuttosto debole e non certo degna di riproposizione.

 

David Belle

Brick Mansions (2014): David Belle

 

 

Ma qui stiamo parlando dell’originale, con il noto guru della forma fisica David Belle, quello di dieci anni orsono, e dunque al massimo della sua prestanza ed in grado di omaggiarci, con le sue evoluzioni mirabolanti ma realistiche e riprese senza l’utilizzo di particolari effetti speciali eccessivi, di quel minimo sindacale di emozioni e interesse che può offrire una pellicola del genere.

I buoni, davvero buoni, onesti nella loro disonestà di fondo e adeguatamente belli, si contrappongono come conviene a cattivi brutti e fessi, lenti e instabili come birilli sotto il peso della sfera che li sta raggiungendo per travolgerli: insomma tutto come da stereotipo ultra logorroicamente visto e rivisto.

 

Rispetto al remake, variano qualche grado di parentela (stavolta a Belle rapiscono la sorella scricciolo e tosta, non la ex fidanzata) e poco altro: Parigi non si riconosce nelle strade o nei cortili e portoni sbrecciati dei palazzi fatiscenti circondanti dal muro divisorio tracciato e fatto erigere dall’alto, dai potenti che vogliono limitare e circoscrivere il problema, lasciandosi tuttavia corrompere e contaminare da quel mondo insozzato da traffici illegali che loro stessi apparentemente combattono. Due soldati a debellare il male e il potere deviato: un poliziotto infiltrato (tal Cyril Raffaelli, una sorta di Jason Statham dei poveri) e il virtuoso Belle che ha fatto del suo fisico armonioso il tempio scultoreo per elevarsi dallo squallore in cui vive da sempre, pur senza rinnegare il ghetto e lottando strenuamente affinché esso possa sopravvivere ed elevarsi a società della pace e del lieto vivere.

 

Una bomba attivata, un countdown che serve per scandire una corsa contro il tempo che ricorda, ma molto, troppo da lontano, le atmosfere dark (quelle si davvero inquietanti, perfette, tese ed indimenticabili) del carpenteriano ed irraggiungibile capolavoro 1999 Fuga da New York.

 

  

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