Regia di Adolfo Lippi vedi scheda film
Su via del Corso, nel cuore di Roma, c'è lo struscio dei ragazzetti di borgata nel fine settimana; fra questi c'è anche Monica, che sta per compiere 18 anni e vuole festeggiare alla grande.
Meno trash e meno eccessivo di quanto possa sembrare a una prima occhiata, questo Via del Corso racconta molte cose dell'Italia in divenire dei primi anni del ventunesimo secolo, descrivendo sostanzialmente una realtà di burini e sgualdrine con il grimaldello del 'ritratto generazionale'. Ma non ci sono solo gli adolescenti, qui: in realtà il film parla anche di adulti a dir poco scapestrati (quando non delinquenti), genitori incapaci, forze dell'ordine corrotte e ignoranti, di un sistema diffuso di microcriminalità che pervade la Capitale tanto da essere divenuto ormai ambiente e quindi invisibile. Il problema principale è che Adolfo Lippi, già regista di qualche lavoro per il piccolo schermo, non osa più di tanto in termini cinematografici e confeziona un'operina usa e getta, esteticamente discutibile e trasandata nella componente di denuncia che pure i contenuti portano in qualche modo avanti; a sua disposizione non ha un cast eccellente, è vero, ma sfrutta bene i volti che ha a disposizione, a partire da un'appena maggiorenne Laura Chiatti (il cui esordio risaliva però a già due anni prima, con una particina nel mitologico Laura non c'è). Tra gli altri compaiono poi Pamela Camassa, Leonardo Diotallevi, Mario Zamma (del Bagaglino!), Ilaria Spada, Francesco Rotoli, Ivan Lucarelli, Fabio Iellini e Anna Flati, protagonista peraltro di un notevolissimo nudo dalla vita in su. Per i temi tirati in ballo poteva essere un film interessante, insomma, ma la sceneggiatura (di Lippi, Augusto Caminito e Ricci & Forte – sic) non va da nessuna parte e trabocca di dialoghi inverosimili e 'giovanilistici', spesso buttati lì senza convinzione dagli stessi interpreti. 2/10.
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