Regia di David S. Marfield vedi scheda film
Deepwater, unica fatica da regista di David S. Marfield (almeno a quel che mi risulta), è un discreto thriller con atmosfere ambigue e interessanti. Passato quasi sotto silenzio è uno di quei film che non hanno davvero nulla di eccezionale, nè nella trama nè nella recitazione nè nella messa in scena, eppure si guardano con piacere e presentano alcuni passaggi e diversi momenti intriganti. I meccanismi narrativi adottati sono ormai consolidati, lo spettatore navigato può anche aspettarsi e addirittura anticipare alcune dinamiche, ciò nonostante il fascino sempreverde di alcuni luoghi e situazioni difficilmente può tradire in toto.
Il giovane Nat (Lucas Black) viene dimesso dopo un periodo di convalescenza con una caviglia ancora malandata. Il sogno del giovane è quello di recarsi in Wyoming per aprire un allevamento di struzzi. Durante il viaggio verso la sua meta, affrontato senza soldi e senza grosse prospettive, Nat salva la vita a Finch (Peter Coyote), un uomo coinvolto in un incidente stradale. Mentre il ragazzo accompagna l'uomo a casa inizia a sospettare che questi sia coinvolto in strani traffici e ambienti loschi. L'uomo per sdebitarsi offre al giovane un lavoro che consiste nel rendere nuovamente presentabile la sua proprietà: il Deepwater Motel, un albergo nei pressi del lago e immerso nella vegetazione che ha bisogno di una ripulita e di una buona mano di vernice alle pareti. Il ragazzo accetta ma nei giorni seguenti inizia a vedere e sentire cose che aumentano in lui i sospetti verso le attività di Finch. A complicare la situazione ci si mette anche l'avvenente e giovane moglie di quest'ultimo, Iris (Mia Maestro), che scatenerà il desiderio nel giovane Nat.
Peter Coyote e Lucas Black |
Il regista gioca con le atmosfere che regala la provincia americana ammantando di ambiguità e sospetto le situazioni offerte allo spettatore. Nel far questo segue la scia di maestri che hanno sicuramente fatto meglio di lui, il risultato che ne vien fuori, garantito anche da sequenze visionarie che non si capisce se siano sogni, ricordi, premonizioni o visioni, non è da buttar via. Alcuni caratteristi dai volti noti come lo stesso Coyote o il conosciuto un po' da tutti Michael Ironside (una vera faccia di bronzo) garantiscono credibilità alla vicenda.
Un film sicuramente di seconda fascia non privo di qualità, soprattutto alla luce del fatto che di esordio si tratta. Non mi sarebbe dispiaciuto vedere in cosa avrebbe potuto evolversi il percorso del regista che però sembra essersi fermato a quest'unica esperienza. Chissà, in fondo non è mai troppo tardi per nessuno.
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