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Paris, je t'aime

Regia di AA.VV. vedi scheda film

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La recensione su Paris, je t'aime

di barabbovich
6 stelle

Si prende un quartiere – pura tappezzeria (e che tappezzeria!) – e ci si gira qualcosa, in qualsiasi linguaggio filmico: dal melò all’horror (western non pervenuto). Bozzetti, acquerelli nel migliore dei casi, cuciti senza un (decodificabile) criterio: riuscitissimi e persino incantevoli, in alcuni casi, pessimi in altri.

Si fosse chiamato "Roma, me piaci 'n frego e mezzo", sarebbe andata così: "Famme 'n corto su Roma. Quello che te pare, 'ndo te pare. Poi cucimo tutto e famo er firm". Invece si chiama Paris, je t'aime e ha tutto un altro suono, anche se lo spettatore non può orgasmare dello stesso piacere che proverebbe sentendo il canonico rotacismo del francese che pronuncia "irrorare un raro ramarro con orrore". Ma la sostanza comunque è quella: si prende un quartiere - pura tappezzeria (e che tappezzeria!) - e ci si gira qualcosa, in qualsiasi linguaggio filmico: dal melò all'horror (western non pervenuto). Bozzetti, acquerelli nel migliore dei casi, cuciti senza un (decodificabile) criterio: riuscitissimi e persino incantevoli, in alcuni casi (i corti girati da Walter Salles e Daniela Thomas, Sylvain Chomet, Oliver Schmitz, Tom Tykwer), pessimi in altri (Christopher Doyle e Alexander Payne). Inqualificabile la storiellina di vampiri firmata dal canadese Vincenzo Natali.

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