Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Quando da bambino, guardando i cartoni animati, facevo il tifo per i cattivi immedesimandomi in loro o in un loro virtuale scagnozzo, sembravo un sociopatico. Oggi sembra quasi che in molti abbiano scoperto l’acqua calda ignari dell’insegnamento di Alfred Hitchcock per il quale “più riuscito è il cattivo, più riuscito è il film”. Oggi anche i grandi paladini del grande schermo indossano almeno per una volta i panni della carogna, forse per accattivarsi i detrattori, forse per dimostrare di essere attori a tutto tondo. Peccato che attori della malignità, dell’opposizione e dell’antagonismo non si diventi, bensì ci si nasca. Anzi, tutti ci nasciamo, poi però complici le morali e le educazioni tutte, lasciamo perdere l’istintualità e cerchiamo di dare peso alla ragione, o meglio, al quieto vivere.
C’è chi invece, conscio del potere dell’arte, decide di rappresentare la contropartita negativa della società attraverso una creazione artistica. Il Cattivo ha origini vecchie come il mondo, e chi s’intende di narrativa sa bene che è il conflitto - quindi la presenza di un cattivo - a generare l’azione di cui poi godiamo come spettatori o lettori. Senza il cattivo non esisterebbe narrazione. Senza cattivo non esisterebbero buoni propositi. Senza cattivo, non esisteremmo noi tutti. Ecco che il perpetuo fascino di chi si oppone all’ordine prestabilito dai poteri forti, riscuote successo tra i piccoli sognanti, tra gli adolescenti combattivi e tra quegli adulti che non si sono fatti fregare dal sistema. Qualche anno fa godevo per i cattivi dei cartoni, poi del cinema e dei fumetti, oggi continuo su questa strada. E tutto ha un sapore maggiore quando a interpretare uno dei migliori rappresentanti di categoria è un attore che seguivo con interesse fin dagli inizi, e che oggi purtroppo rivive solo nel ricordo. Attore riottoso come natura crea, interprete di personaggi “altri” che ti entravano dentro senza nemmeno bussare, Heath Ledger è Joker. Joker lo sono stati anche Cesar Romero - mitico! - Jack Nicholson - antologico - Andrew Koenig - inquietante - ma Heathcliff è stato assoluto.
Assoluto in un film perfetto. Christopher Nolan infatti abbandona tutte le facilità possibili dei baracconi di oggi e si concentra sulla resa realistica, sebbene sempre fumettistica ed esasperata, dell’impatto dell’azione e del testo. Anche le più ardite sequenze di salvataggi in aereo, camion che si ribaltano e così via, sono tutte rese con la plasticità realistica tipica del tocco secco dei grandi artigiani della Hollywood dei ’70, rispolverato poi da Tarantino. Nolan definisce la skyline di Gotham City su quella di New York, incupisce tutto, dai colori agli ambienti, dalla luce ai personaggi, e irradia l’oscurità di Batman con un agghiacciante sorriso deforme. Dimenticatevi l’estetica di Michael Bay e soci, dove tutto è esagerato, distorto, irreale nell’esasperazione dell’azione ipercinetica, videoclippara, viedogiocosa, il Batman di Nolan fa rima con lo Spider-Man di Sam Raimi e con Hulk di Ang Lee. Grave, pessimista, decostruito nelle sue basi, il supereroe post-11 settembre non può che essere così: alla deriva. E tutto, dalle architetture degli ambienti allo sguardo distaccato del regista, dal taglio crudele della messa in scena al testo serrato e pregno di affondi psicologici se non filosofici, nutre questo magma oscuro, impenetrabile ed indefinibile che è il mondo oggi, di cui Gotham City si fa rappresentante, essendo essa stessa rappresentate della vera New York che oggi ben sappiamo cosa rappresenti. E in questo scenario da noir disperato, tale è il tono dei personaggi e delle vicende, eccoli polarizzati davanti agli occhi dell’uomo comune: Batman e il Joker. Scolasticamente uno opposto all’altro, uno la nemesi dell’altro, uno il giorno e l’altro la notte. Ma a sorpresa capiamo fin da subito che Joker non è il male, e Batman non è il bene. Anche se dei vigliacchi hanno obbligato il mondo a credere che esso sia divisibile in Bene e Male, solo per giustificare, legittimare e proteggere il proprio potere, Bene e Male non esistono. Nemmeno Dio e il Diavolo esistono. Esiste l’Uomo, che è dio e diavolo a sua volta, a sua discrezione, a suo istinto. E ancora una volta, ad incarnare i dubbi, le paure e gli interrogativi di un’intera epoca e di un intero popolo, c’è un Cattivo.
Il Joker di Heath Ledger nasce da dove nascono tutti i cattivi, compresi il Joker storico dei fumetti della DC Comics e quello di Jack Nicholson: nasce dal quotidiano vestito da eccezionale, dall’ordinario travestito da straordinario, inconsueto, singolare, diverso, e tanti altri aggettivi che non rientrano negli schemi dei benpensanti e della gente per bene. Joker nasce come uomo e diventa mostro agli occhi di chi gli è diverso, di chi non lo capisce, di chi non fa lo sforzo di mettersi in dubbio. Ed ecco che c’è chi osa, chi assume su di sé il peso di un sacrificio disumano: essere la malvagità. Essere il tarlo insinuatore. Essere il Male di cui tanti parlano senza sapere cos’è. Un ruolo scomodo, ingrato, ma che qualcuno dovrà pur fare per permettere l’esistenza di un Bene tanto posticcio quanto interrogativo.
Lo Ying e lo Yang ci insegnano che nel Bene c’è il Male, e nel Male il Bene. E sfiderei chiunque a provare il contrario. Ce lo conferma anche il bellissimo Unbreakable di Shyamalan con la compenetrazione del Buono e del Cattivo, e della necessità del Cattivo per far esistere il Buono. Così prende forma l’eroe, così nasce Batman: dal Male. E anch’egli, incompreso e separato dalla gente per bene, si sacrificherà in un ruolo sociale ingrato e altrettanto scomodo. Bene e Male, tra loro separati dalle morali e dalle religioni, sono in realtà compenetranti e coesistenti. Uno non nega l’esistenza dell’altro, ma la vivifica. Batman senza questo feroce Joker non si sarebbe mai sottoposto ad auto-psicoanalisi, e non sarebbe diventato il cavaliere oscuro che fugge da polizia e da vigilantes.
Se Joker è l’input da cui si genera la distruzione grahamniana da cui tutto si può ricostruire, Batman è l’Harry Callahan post-11 settembre. L’ispettore di Clint Eastwood era anarchico e lottava per qualcosa che neanche lui sapeva bene, Batman sembra proprio fare lo stesso. Non esistono eroi, ormai questo è un dato di fatto. Esistono quelli che li creano a tavolino per rassicurare il popolo bue che tutto va bene e che siamo al sicuro. Ma si può essere al sicuro da se stessi? Questo ci chiedono sia Nolan, Batman, Joker e Two Faces. Noi coviamo il male e l’intolleranza. Noi generiamo i mostri, perché differenziare gli uomini permette di controllarli. E il controllo è un altro elemento palpabile in Batman - The Dark Knight: tutti lo perdono, tutti lo rivogliono. Tutti smaniano di controllare qualcuno, dai poliziotti ai mafiosi, dallo squallido ragioniere che ricatta Bruce Wayne a Bruce Wayne stesso, da Batman a Two Faces. Eccezione fatta per lui, il Joker, quello che scherza.
Heath Ledger è davvero un grandissimo Joker, inquietante e laido, manipolatore e lassista, insinuatore e diabolico. Il confronto con il ghigno di Jack Nicholson è d’obbligo, ma sarà una sorpresa sentire che i due Joker sono più vicini di quello che si pensi, proprio perché così distanti. Il Joker di Nicholson era ed è esplosivo, il Joker di Ledger è implosivo. Quello di Nicholson gigioneggia come il suo istrione non può non fare, quello di Ledger misura il gesto, si trattiene tarpando i movimenti per sbottare sfrenato quando la sua lucida follia - o folle lucidità - glielo impongono, è goffo, ingobbito e si muove come un burattino rotto. Il primo è pop, in linea retta con il primo indimenticabile Joker in carne ossa, quella di Cesar Romero della serie tv anni ’60, il secondo è dark, è icona del nero, è horror. Nonostante le differenze, entrambi sanno fare bene una cosa - forse ci riesce meglio Nicholson - e cioè dare un volto colorato all’oscurità.
Ledger, a differenza del nobile progenitore, tende ad un lavoro più maniacale sul personaggio. C’è chi ha parlato di straordinaria identificazione. Anche lo stesso attore ha dichiarato di essersi approcciato al personaggio secondo i metodi dell’Actor’s Studio, ma dubito che solo il “metodo” possa aver generato questa incredibile performance attoriale dove è lampante l’importanza del gesto e della maschera. Praticando infatti la strada maestra dell’esibizione, anche espressionista perchè no?, Heath Ledger modella un personaggio che come dicevo prima nasce da un magma oscuro, dal quotidiano invisibile che diventa l’eccezionale visibile. Non per niente, una volta in galera, al Joker non verranno trovate impronte, il calco dei denti non dice nulla, nemmeno il suo DNA ci dice qualcosa su di lui, e neanche i suoi vestiti fatti a mano non arrivano da nessuna parte. Il Joker di Nolan non arriva da nessuna parte perché è sempre stato dappertutto. É Batman invece, che arriva da qualche parte. Arriva dal senso di giustizia, dall’istinto vendicativo, dalla tensione al sacrificio, in ultima analisi Batman arriva da Joker. Il cerchio si chiude, anche se indefinibile nel suo percorso, e restituisce allo spettatore l’inquietante messaggio atipico per un blockbuster: non c’è speranza, basta, il gioco è finito, ci hanno preso per il culo, il bene, il male, tutte stronzate. Con grande talento Heath Ledger ci regala uno dei più importanti contribuiti alla definizione del Cattivo in narrativa e della sua valenza filosofica, oltre che ad essere perfetto termine di analisi per capire, ribaltandolo, il mondo di oggi e di ieri. Infatti è lo stesso Joker a definire chi è. É il caos, è vero, ma credo che la definizione migliore per spiegare - anche se non ce n’è bisogno - chi è il Cattivo resta l’immagine azzeccatissima del cane che insegue la macchina: non sa perché lo fa, e una volta presa non sa che farsene.
Dimenticate le letture politiche che qualche poveretto vorrebbe attribuire al Batman che lotta contro i terroristi, tale è nominato più volte il Joker. Dimenticate la retorica tutta americana sulla patria, il sacrificio, la legge, Dio e la giustizia, perché qui tutte le istituzioni escono con le ossa rotte. Ed è sempre il Giovanni Battista truccato da clown a ricordarcelo, quando asserisce che questi stupidi - leggi alla voce governanti e loro elettori - non fanno altro che creare un “piano”, delle regole con le quali comandare e gestire la gente, infarcendo queste regole, questi diktat, di valori, principi e moralismi di cui si fanno sostenitori, ma da cui scappano appena la corda si stringe loro attorno al collo.
L’impalcatura di menzogne che le strutture di potere, stato e chiesa in primis, innalzano intorno alla scomoda verità, che però libererebbe l’uomo dall’ingranaggio dell’inferiorità, cade clamorosa e rovinosa appena le cose si mettono male. Il Joker di Ledger rimane appeso nel vuoto, a testa in giù, proprio da quella impalcatura, mentre il film si concentra, indeciso, su Harvey Dent. Ed è lì che lo lasciamo, dopo che ha strabiliato con la sua entrata in scena durante la rapina alla banca - grande pagina di cinema - dopo che s’è preso a sberle con Batman durante il ricevimento per Harvey Dent, omaggiando quelle indimenticabili scazzottate con i “Boom!” e gli “Sdench!” della serie tv anni ’60; lo lasciamo lì appeso dopo che ha fatto saltare un ospedale, ucciso e tagliuzzato chiunque, insinuato la moralità delle forze dell’ordine, della magistratura e del supereroe, dopo aver messo a nudo la debole patinatura dietro cui l’uomo comune nasconde la sua cattiveria, dopo essersi fatto scudo di inermi ostaggi. Insomma, lo abbandoniamo lì da solo, consapevoli che non lo rivedremo più, ma che ha contribuito a far sì che un buon film fosse migliore, e che toccasse così corde insperate. Lasciamo pure stare il finale troppo verboso, lodevole solo del fatto che finalmente non vediamo sventolare nessuna bandiera americana; non badiamo troppo al fatto che il film poteva essere più cattivo permettendo al Joker di far saltare per aria un ospedale pieno di gente, due navi imballate e lasciar morire inermi ostaggi vestiti da clown.
Heath Ledger giganteggia non perché è morto, non perché il ruolo è maledetto, non perché fa storia, ma perché è sempre stato uno degli attori migliori della sua generazione. Poi, giocoforza il suo Joker, questo Ledger non lo dimenticheremo mai. Però va detto che anche Christian Bale, nonostante i fatti di cronaca di cui si è reso infausto protagonista, magari architettati ad hoc per rispolverare un’immagine oscurata da quella del suo antagonista, è in realtà in forma strepitosa, e non intendo quella fisica, bensì quella artistica. Stesso dicasi per gli attori di contorno, che appunto essendo di contorno più di tanto non possono fare, ma si paga oro suonante l’eleganza di Morgan Freeman, le stemperature di Sir Michael Caine e la rapida apparizione di Cillian Murphy ex-spaventapasseri. C’è sempre un solo ed unico rammarico nel Batman di Nolan, e si chiama Gary Oldman. Illustre cattivo, uno dei migliori performer di villain, qui sembra un po’ il nonno di Heidi, e questo francamente ci dà parecchia noia sapendo che altrove continua ad impolpare la sua inesauribile gallery di figli di cane.
Da Cesar Romero a Jack Nicholson in avanti, è però soltanto il Joker di Ledger a lasciare il segno. Rossetto sbavato e sughero bruciato intorno agli occhi, è impareggiabile nonostante i vantaggi di un personaggio estremo e sulle righe. Ma questo suo pagliaccio sghignazzante va oltre il semplice ruolo narrativo, si fa alienazione consumista, schizofrenia moralista e psicodramma collettivo di una collettività malata, piena di paure e sospetti inesistenti, pronta ad ammazzare pur di difendere il proprio orticello dorato. Joker è il Caos, e Dio solo sa di quanto ne avremmo bisogno.
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