Regia di Michael Davis vedi scheda film
Mr Smith (Clive Owen) siede su una panchina sgranocchiando una carota. Una donna incinta gli passa davanti, sembra impaurita. La donna è inseguita da un uomo. Per scappargli si infila in un palazzo. L’uomo non la perde d’occhio e prima di entrare anche lui nel palazzo sfodera una pistola. Mr. Smith lo guarda e capisce che è il momento di entrare in azione.
Shoot’em up è un film che assottiglia in maniera vertiginosa i limiti del realismo per tuffarsi a capo fitto in una messinscena da cartoon (come Bugs Bunny, Mr Smith mangia carote). Le scene d’azione sono tanto adrenaliniche quanto assolutamente improbabili, strizzano l’occhio al cinema di Hong Kong (quello del primo John Woo per intenderci, al quale lo stesso regista dice di essersi ispirato) e vengono costruite attraverso una struttura filmica che alterna primi piani a totali rapidissimi dell’azione, con un montaggio che raggiunge una velocità al limite del subliminale. In questo modo si elimina qualsiasi stilizzazione estetica della violenza e si punta sullo stordimento sensoriale dello spettatore, mascherando con la freneticità del montaggio la confusione della messinscena stessa. Ci pensa poi lo humour di alcuni personaggi a mitigare il notevole spargimento di sangue.
Mr Smith, che era entrato nel palazzo per salvare la donna incinta, ne riesce con un neonato in braccio, dopo aver partecipato ad un rocambolesco e violentissimo parto. Indeciso sul da farsi pensa bene di portare il piccolo da una sua vecchia conoscenza, Donna Quintana, una prostituta (con il volto e le tette della Bellucci) che lavora in un bordello di matrice sadomaso nel quale soddisfa clienti che godono nel farsi allattare dal suo prosperoso seno.
Inseguiti dal cattivo di turno, Mr Hertz (Paul Giamatti), che deve recuperare il neonato per adempiere ai suoi loschi compiti, i tre si troveranno nel bel mezzo di inseguimenti mozzafiato e sparatorie incredibili. Le armi hanno un ruolo fondamentale all’interno del film, non solo ad un livello scenico ma anche ad uno narrativo mentre l’intelligenza latita pericolosamente dai dialoghi (con momenti di assoluto delirio, nei quali la Bellucci parla in dialetto) e l'ironia (sempre molto spiccia) si affaccia spavalda in alcune battute e vorrebbe segnare, con la sua presenza, le coordinate umoristiche dell’intera storia, che cerca costantemente di non prendersi troppo sul serio.
Una colonna sonora rock sparata a tutto volume è poi l’ultimo ingrediente utilizzato per la confezione di questo prodotto da luna park: solo una giostra impazzita di sangue e proiettili.
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