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Centravanti nato

Regia di Gian Claudio Guiducci vedi scheda film

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La recensione su Centravanti nato

di mm40
6 stelle

La figura umana di Carlo Petrini fa rabbrividire lo spettatore; lo stesso Petrini, come atleta, fa tremare il sistema del calcio italiano con rivelazioni sconcertanti ed inaudite. Ma, e non si stenta a credergli, l'omertà della stampa e della tv sui tanti casi come il suo non permette all'opinione pubblica di farsi un'idea sul reale andamento delle cose nel 'magico' mondo del pallone. Molti colleghi ed ex compagni di squadra di Petrini sono intervistati in questo documentario e tutti sostanzialmente danno piena ragione a quanto egli sostiene: dal doping alle scommesse, il calcio in Italia è marcio da sempre, o quantomeno dagli esordi - fine anni '60 - del protagonista di questa interessante e toccante pellicola. Ma Petrini è anche un uomo che ha sbagliato, è stato coinvolto in situazioni più grandi di lui, ha pensato a salvare sè stesso ed ora, quando ormai è troppo tardi per rimediare agli errori fatti, è davvero in ginocchio, piegato, oltre che moralmente, dai devastanti effetti del doping sul suo fisico. Un tumore al cervello ed un glaucoma che l'ha reso quasi del tutto cieco sono l'eredità pesantissima dei farmaci con cui fu trattato durante tutta la sua carriera: e considerando che Petrini ha cambiato quasi una maglia all'anno per una dozzina d'anni si può intuire quanto la pratica delle droghe fosse diffusa nello sport nazionale già ai tempi. Poi, come se non bastasse, Petrini incontra sulla sua strada anche il calcioscommesse: squalificato per due anni, non farà mai nulla per sostenere la sua innocenza, senza per questo dichiararsi fiero di ciò che ha fatto. Un'onestà che parzialmente lo riabilita, anche e soprattutto se accostata alle parole del Pablito mundial (Paolo Rossi) che, intervistato in questo film, scherza sull'accaduto e tenta in ogni modo di farlo sembrare un piccolo incidente occorsogli contro la sua volontà. E ancora, dopo il ritiro dal calcio, Petrini si mise malaccortamente in affari con un malavitoso: quando le cose cominciarono ad andare malissimo fuggì di nascosto in Francia e vi rimase per molti anni, fino al 1998, abbandonando la famiglia e soprattutto il figlio morente per, anche lui, un tumore al cervello. Un uomo sfortunato, certo, ma anche conscio dei propri errori e pentito di questi; un protagonista di un'epoca negativa del nostro calcio che non si tira indietro quando gli vengono chiesti i nomi degli altri coinvolti nella vergognosa stagione delle scommesse: fra i tanti colpisce quello di Giuseppe Dossena, passato totalmente indenne attraverso lo scandalo e poi felicemente approdato alla carriera da allenatore e quindi da telecronista Rai. Il lavoro di Guiducci è approfondito e lontano da pietismi o spettacolarizzazioni del dolore; orrendi però quei siparietti teatrali girati ad hoc come didascalie delle parole di Petrini (es. il calciatore racconta di quando lasciò la Roma per andare al Verona e compare sullo schermo un tizio con la barba e la maglia della Roma che si toglie la maglia e farfuglia qualcosa a proposito del fatto che se ne va: delirio artistoide fuori luogo). Un film scomodo che difficilmente riuscirà mai ad ottenere una larga diffusione. 6,5/10.

Sulla trama

Doping e scommesse: ricostruzione (rapida) della carriera e (più approfondita) degli scandali che hanno coinvolto il calciatore Carlo Petrini nella seconda metà degli anni '70.

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