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Una notte

Regia di Toni D'Angelo vedi scheda film

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La recensione su Una notte

di Peppe Comune
7 stelle

Riccardo (Riccardo Zinna) arriva a Napoli da Milano per presenziare al funerale dell’amico Antonio, morto dopo un tragico incidente d’auto. Prende il taxi di Raffaele (Nino D’Angelo) e prima di farsi fermare all’albergo dove alloggerà, si fa accompagnare alla casa dell’amico scomparso per la veglia funebre. Qui incontra Salvatore (Salvatore Sansone), Alfonso (Alfonso Postiglione) ed Annamaria(Stefania Troise), amici di vecchia data, come lui provenienti da diversi parti d’Italia. Manca Luigi (Luigi Iacuzio), quello che ha avvisato tutti del tragico accaduto, l’unico della compagnia ad essere rimasto a Napoli. Decidono di raggiungerlo nel locale notturno dove si esibisce come cantante. Si riuniscono tutti insieme dopo un sacco di tempo, si sentono ancora molto amici tra di loro ma la lontananza forzata li ha fatti perdere di vista. Ora hanno l’occasione di fare un po’ i conti col passato e con ciò che di buono rimane delle rispettive vite. Raffaele è a loro completa disposizioneche e li trasporta dove chiedono in giro per la città, di notte, in una Napoli totalmente epurata del suo disordinato folclore.

 

 

“Una notte” è il primo lungometraggio di Toni D’Angelo (già autore di diversi corti e assistente alla regia di Abel Ferrara), un film che tenta una panoramica venata di malinconia sui disagi metropolitani seguendo i pensieri sciolti di cinque anime irrisolte. La regia è misurata, con qualche difetto di maniera (specie nella sequenza del “festino” d’alto bordo) sparso un po' in giro e qualche dialogo "sfilacciato", ma senza alcun esibizionismo gratuito, attenta più a sussurrare stati d’animo che a spettacolarizzarne gli slanci emozionali. Una Napoli notturna fa da sfondo discreto alla storia, una città anomala e silenziosa, anomala proprio perché “stranamente” silenziosa, e silenziosa perché catapultata nel ventre soffice della notte, quando il silenzio rischiara le idee e le voci di dentro possono incontrarsi senza interruzioni di sorta con la musica di sottofondo di una vita. Si attende l’alba per consegnare l’ultimo e definitivo addio alla memoria di un caro amico, intanto, per ognuno, sembra giunto il momento di fare una proficua ricognizione esistenziale, tra la nostalgia per come si era e i rimpianti per cosa non si è potuti diventare. Riccardo aveva un talento riconosciuto per la tromba, sognava di diventare un musicista jazz e si è ritrovato ad essere un imprenditore sulla via del fallimento. Alfonso è schiavo delle sue innate insicurezze, è solo e si vede, anche se ostenta un fare sicuro e risoluto. Luigi ha lasciato il comodo lavoro di avvocato nello studio di famiglia per fare il cantante nei locali della città, vive di notte, tra i festini della Napoli bene e piste di cocaina. Annamaria e Salvatore erano innamorati un tempo, lei dimostra di amarlo sempre e di aspettarlo ancora, lui sembra essersi sposato proprio per poterla dimenticare più in fretta. La notte è lunga, si sosta in più luoghi, bar di periferia, il mare di Torregaveta, un locale vicino al porto di Napoli, ogni tappa fa emergere sensazioni che si credevano sopite, le assecondano e decidono di buttarsi a capofitto in questa notte tutta da consumare, ne assaporano la natura peccaminosa e ne misurano la falsa inconsistenza. Hanno tutti un rapporto contrastato con la propria città natale, sempre in bilico tra la voglia di abbandono e il tentativo di ricominciare, un rapporto che riflette quello della maggior parte di questi figli fortunati della borghesia cittadina, traditi ogni volta nelle loro più stringenti aspettative. Ma per chi è abituato dalla nascita a remare contro mano ed ha dovuto imparare a dare alle cose che gli capitano il valore sacro di un esperienza vissuta, le cose del mondo possono anche essere viste da una diversa prospettiva. Così è per Raffaele, una sorte di “Caronte” metropolitano che sembra agirarsi sornione tra i sipari di una precarietà normalizzata. Racconta i suoi aneddoti Raffaele, ascolta ed è ascoltato, dice di aver scelto di fare il taxista di notte perché così Napoli gli “sembra che sta seduta sul mare ad aspettare qualcosa che non è mai arrivata”. Ha scelto la notte perché col silenzio si possono ascoltare meglio le ferite e perché si può aspettare il domani con occhi sempre nuovi. Esordio convincente e film da promuovere.

 

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