Regia di Anna Melikyan vedi scheda film
Le favole che abbiamo sentito nell’infanzia o che adesso raccontiamo ai bimbi sono tutte piene di personaggi e casette colorate e questo film, che sa tanto di favola, è ugualmente colorato, anzi ipercolorato, fino a diventare un problema per i due protagonisti, Boris e Grigori, che purtroppo sono daltonici.
Infatti succede che Boris, un pugile dalla faccia sempre triste, che non sorride mai, scappa via dopo un incontro di boxe perso malamente e sale su un treno per andare lontano e, svegliatosi di soprassalto, scende quasi per caso alla stazione di una cittadina ben strana il cui nome è dedicato al padre del comunismo, ma che un po’ per l’elisione della scritta, un po’ per la pronuncia della bimba che il pugile incontra alla stazione, fatto sta che il nome è Mars. Come se la “K” si sia volatilizzata con la liquefazione dell’impero di tutte le Russie. Questa cittadina post-sovietica, sulle sponde del Mar Caspio, in Crimea, è molto particolare: case dipinte con colori accesi, cittadini vestiti con panni multicolori, con indosso animali di peluche di ogni foggia e dimensione, una fabbrica di pupazzi tutti fatti di peluche, con cui pagano i loro conti. Una moneta di peluche, insomma, che strania ancor più il già inebetito (e un po’ suonato) pugile, il quale disorientato si affida ad una bimba pratica e saccente chiamata Nadya per capire in quale strano posto sia capitato. Conosce così personaggi particolari che sognano, chi più chi meno, di partire e andare nelle città che sognano: Parigi, Mosca… qualche posto insomma che cambi in positivo la loro vita, monotona e sterile. La desolazione del posto e delle loro esistenze li ha fatti divenire personaggi di una fiaba: la bella barista che serve sempre a credito i pochi clienti, una ragazza con la treccia più lunga della terra, l’eterea e attraente Greta che fa la bibliotecaria e l’ingenuo ed esuberante Grigori che vuol essere amico dello sconosciuto sceso dal treno.
E‘ tale l’atmosfera fiabesca e misteriosa che pare di rivivere le avventure di Alice, dove il narcolettico Boris (che appena si addormenta sogna come incubi i suoi incontri sul ring) è un novello “Aliciotto” portato in giro nelle meraviglie di Mars da una guida saputella alla stregua del mitico coniglio bianco. A ricordare continuamente la voglia di andar via e il dover rimanere, l’unica sala di cinema presente programma sempre e solo un film: Casablanca, metafora della situazione reale e dei sogni dei vari cittadini-personaggi di questa deliziosa ma stramba favola. A rompere questo equilibrio che tanto stabile non è arriva il procuratore del pugile Boris, come un passato che torna e che richiama alla realtà.
Grande merito alla giovane regista Anna Melikyan, anche autrice della divertente e originale sceneggiatura , una delle cose migliori del film. Dopo un primo impatto di perplessità, questo piccolo racconto risulta divertente, gradevole e leggero, dando l’idea di un cinema dell’est visionario e grottesco che vira verso un cinema indie che normalmente solo quello americano sa dare.
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