Regia di Anna Melikyan vedi scheda film
Mars non è uno snack ma una città dell’ex Unione Sovietica. Ha perso una k (si chiamava Marks) e quindi il rimando al babbo del comunismo. Senza identità, gli abitanti subiscono le contraddizioni del loro tempo e del loro Paese, a mollo come l’isola kusturiziana tra passato e futuro, modernità e tradizione. Un giorno arriva da Mosca il pugile Boris, che di per sé è una novità destabilizzante. Invochiamo da tempo una seria distribuzione dei film dell’Est, quindi complimenti alle Officine Ubu per aver fatto “emergere” questo Mars – Dove nascono i sogni dall’oblio. L’ha diretto una regista trentenne, Anna Melikyan, cognome armeno, che dimostra (pure troppo) di aver metabolizzato i cineasti del realismo magico, o almeno quelli del fantastico fenomenologico, quindi Fellini e molto Kaurismäki. Il film ha delle ingenuità, il surrealismo a volte nuoce, ma si percepisce in maniera chiara il discorso di fondo: la Russia ragiona per metafore ma è molto concreta quando si concentra sulla perdita del proprio baricentro. Mars diventa così il luogo simbolo di una civiltà alla deriva, alle prese con una globalizzazione che non comprende (deliziosa la parte della fabbrica di peluche) e attratta dalle scorciatoie che offrono gli “uomini forti”.
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