Regia di Stephen Chow vedi scheda film
CJ7, campione d'incassi in Cina, di Stephen Chow (Chow Sing Chi), star comica e graffiante di Hong Kong, re clownesco del nonsense cantonese (il sovversivo mo lei tau), paladino dei perdenti, divenuto famoso in Italia con Shaolin Soccer e Kung Fu Hustle, con i quali, alla façon dei nostri Ciccio Ingrassia & Franco Franchi, ha rivisitato i miti dell'amatissimo Bruce Lee e del calcio in versione buddista, per sconfiggere i prepotenti e i nuovi ricconi.
Sembra una versione demenziale di E.T., una favola con tocchi di violenza vintage e reversibili, più dalle parti di Hanna & Barbera che non di casa Disney, storia di una famigliola strana di perdenti, che ricorda la tenera disperazione di Chaplin e del suo monello.
CJ7 prende il nome dal programma spaziale cinese, è la storia di una specie di peluche spaziale, scivolato nella spazzatura dalla solita astronave sbadata e recuperato da un povero papà vedovo che fruga nei rifiuti ogni notte alla ricerca di cibo, ventilatori rotti e giocattoli per il suo unico figlioletto, iscritto a caro prezzo nella migliore scuola. Stephen Chow/Sing-Chi (il papà) è un perdente imbranato, ma di sani principi, tutto il giorno (e anche la notte) sui grattacieli per consentire un futuro diverso al figlioletto (e immensi profitti ai nuovi palazzinari cinesi senza scrupoli). La visione dei muratori schiavi affannosamente in bilico su piani ogni giorno più vertiginosamente alti è sintetizzata in un'immagine seppiata dall'alto di solitudine che ricorda Buster Keaton.
Ma il ritmo del film è veloce e demenziale, comicità slapstick, con momenti di sana ironia delle abusate storie di fantasmi dei fratelli Pang, e scenette di prepotenza scolastica con bimbi già da piccoli manager feroci e professori consenzienti, in cui la sana forza bruta di un'allieva gigantesca (che ricorda il mitico indiano di Qualcuno volò sul nido del cuculo), dai caratteri fisici diversi (di un'etnia minoritaria e perciò out) dagli altri alunni dominanti, riesce ad avere la meglio sulla gang dei più forti per difendere il piccolo Dicky, figlioletto di Stephen Chow, pecora nera della scuola per ricchi. Dicky fa esplodere dalle risate la classe quando nel tema in classe su «Cosa vorresti fare da grande?», osa rispondere «Il povero». Inutile il suo tentativo di esporre alla classe sghignazzante, la teoria del padre, secondo la quale, anche se si è poveri, ma onesti, si è sempre rispettabili. La figura del povero non è contemplata nelle tipologie degli allievi modello, o imprenditori o star del futuro.
Ma...il cagnolino spaziale porta una ventata di speranza nella minuscola baracca infestata dagli scarafaggi. Riesce a far partire il ventilatore con uno sguardo magnetico. Cj7 dovrebbe sostituire il pupazzo di nuova generazione che Dicky non può permettersi, ma...La favola avviata su sicuri binari spielberghiani di buoni sentimenti vira sul dark, sulla delusione, sulla disperazione, torna nell'oscurità della spazzatura e dell'ignoto. Gli occhioni di CJ7 sono indimenticabili, il pupazzetto alieno ispira tenerezza come un cucciolo indifeso. La tragedia dell'incidente sul lavoro nel grattacielo ci riporta ai nostri italici drammi, ma la leggerezza di Chow (e l'inguaribile ottimismo cinese) riprende il sopravvento.
Del mitico Raymond Wong (Wong Ying Wah), autore (fra gli altri) dello score di Kung Fu Hustle e Shaolin Soccer (di Stephen Chow), ma anche di A Hero Nevers Dies e The Longest Nite (Johnnie To/Milkyway) e di The Blade - Dao (1995)e The Lovers-Leung Yuk (1994) capolavoro di Tsui Hark
In CJ7 Chow porta in braccio un televisore, mentre un disco volante si alza lentamente sul suo capo, proprio come in Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg, idolo del regista.
Inoltre CJ7 è imprescindibile dall' esperienza infantile di Stephen Chow , che, cresciuto da un singolo genitore, da tempo pensava di girare un film sul sentimento tra padre e figlio.
Dicky, il bimbo-protagonista dalla mimica da cartoon, è in realtà una bambina di 8 anni scelta fra 10mila.
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