Regia di Anna Negri vedi scheda film
Una giovane coppia, Giovanni e Lucia, è al centro di un documentario su quelli che si definiscono come gli “intermittenti” (e che in effetti sono i lavoratori precari dello spettacolo), che due giovanissimi, ambiziosi e intraprendenti filmmaker (Eros e Giorgio) stanno cercando a tutti i costi di realizzare.
Lui – Giovanni - è un attore troppo spesso in cerca di scritture per considerarsi arrivato; lei – Lucia - una montatrice altrettanto discontinua, così che ben presto la precarietà economica che li rende vacillanti, finirà per contagiare soprattutto il cuore di Giovanni e l’unione si incrina, si consuma fino a dividerli nonostante la nascita di un figlio.
Dopo l’inevitabile separazione, lui conosce un'altra ragazza, Michela, con la quale comincia una nuova relazione; lei, invece, precipita nella disperazione più totale.
Questo fa saltare anche il progetto iniziale dei due registi che si ritrovano fra le mani un qualcosa che si è trasformato nella crisi di una coppia e a questa nuova tematica devono adeguare la loro storia.
Anche i due documentaristi dovranno così separarsi, nel senso che uno seguirà Giovanni per registrare l’evoluzione della sua nuova avventura sentimentale; l’altro invece conterà a stare al fianco di Lucia per raccontarne le angosce, le tensioni, il senso di liberazione e di sfida che accompagnano ogni separazione.
Le interviste che entrambi registrano e che sulla carta vorrebbero essere asettiche, diventano così sempre più coinvolgenti e anche confuse via via che la vita prende il sopravvento sulla finzione determinando una specie di identificazione indotta, visto che anche Eros e Giorgio hanno qualche problema da risolvere con le rispettive ragazze.
Giocando sul doppio senso della parola "Riprendimi" che dà il titolo alla pellicola, quella realizzata da Anna Negri è dunque una stimolante storia di abbandoni e di rincorse, ma anche di falso cinema verità che fa ben comprendere quali sono i modelli a cui si ispira la regista.
Un film davvero piccolo piccolo (mi riferisco però soltanto al budget, perché è costato davvero quattro soldi, visto che l’impegno finanziario complessivo della produzione è stato di poco superiore ai 600mila euro). Per il resto, è al contrario un’opera ambiziosa e piena di idee e di coraggio che fa onore alla Negri e che ben si è meritata il passaggio dal Sundance Festival del 2008, ma che – come accade spesso alle opere della nostra cinematografia che provano a percorrere strade inedite e problematicamente interessanti – ha avuto in Italia scarso riscontro critico e ancor meno successo in sala, nonostante la presenza di attori di “chiara fama” come Alba Rohrwacher, Valentina Lodovini e Marco Foschi, per altro molto bravi.
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