Regia di Anton Corbijn vedi scheda film
Vita di Ian Curtis, leader dei Joy Division. Nato nei dintorni di Manchester nel ‘56, sposò molto giovane la sua ragazza (Samantha Morton), siglò con il gruppo due dischi – Unknown Pleasures e Closer, uscito postumo –, ebbe un figlio, una relazione con una giornalista belga (l’Alexandra Maria Lara di Un’altra giovinezza) e nel 1980, prima dell’attesissima tournée americana, si suicidò. A chi non sa nulla del musicista che diventerà simbolo della cosiddetta New Wave, l’impressione che fa questo film del celebre fotografo Anton Corbijn è, banalmente, quella di un ritratto di un ragazzo depresso, epilettico e impreparato al matrimonio. Sam Riley, che imita gli scatti nervosi di Curtis sul palco, sembra più un modello di Dior che un creativo tormentato. Il “New York Times” ha scritto che Control non è l’ennesimo «esercizio di martirologia pop». Sarà. Se qui si percepisce che Corbijn adora Curtis e lo considera parte della propria presa di coscienza come artista, la confezione gelidamente elegante del film non ne compensa la scarsità di moventi ed emozioni. Forse la colpa originaria è della biografia Touching From a Distance, scritta dalla vedova Deborah, cui il film si ispira. Menzione speciale a Cannes nel 2007.
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