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Control

Regia di Anton Corbijn vedi scheda film

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La recensione su Control

di maso
8 stelle

L'enigma di Ian Curtis è narrato con passione genuina in questo biopict tecnicamente superbo in cui le tonalità in bianco e nero si adagiano con tenebrosa morbidezza sulle splendide immagini di Anton Corbijn che ha voluto fortemente realizzare questo film circa ventisette anni dopo la direzione del video di Atmosphere, uno dei brani più rappresentativi dei Joy Division il gruppo di cui Curtis era il cantante e leader che nonstante non ami particolarmente devo riconoscere come la pietra d'angolo di certo rock di contaminazione elettronica che spopolerà in Inghilterra negli anni ottanta: gruppi come i Depeche Mode e i Soft Cell sono figli indiscutibili delle sonorità di Curtis e soci ma anche gruppi prettamente pop o rock come INXS, Simple Minds e Man at work gli sono debitori, pure gli immensi U2 sembrano aver orecchiato questo gruppo diventato di culto pur avendo inciso solo due album e il brano da me menzionato ne è un chiaro esempio.
La storia prende spunto direttamente dal libro "Touching from the distance" di Debbie Curtis, sposatasi giovanissima con Ian come documentato nel film ne da una descrizione caratteriale molto forte e carismatica al contrario di quello che si possa pensare, a mio avviso sono stati più gli eventi e le circostanze a condurlo al suo tragico destino ed ovviamente la piaga dell'epilessia ha influito sulla sua decisione di non credere in un domani, la sua vita è tutta nelle sue canzoni ad esempio Love will tear us apart ("L'amore ci farà a pezzi" brano che passerà alla storia come battesimo della New Wave con quella frase di tastiera di impatto immediato e melodico) è la cronaca cantata della sua crisi famigliare con Debbie, un rapporto già freddo prima della nascita della figlia e prima dell'incontro destabilizzante con la giornalista belga Annik Honoré, l'episodio della ragazza con il caschetto da pugile seduta di fronte a lui quando faceva l'impiegato dell'ufficio collocamento per disabili ha generato il brano She lost control malato come il suo autore.
Corbijn non cerca la pietà e non vuole mitizzare il personaggio cerca invece di descrivere meglio che può chi era Ian Curtis e a mio avviso ci riesce benissimo grazie anche alla prova da applausi di Sam Riley nei panni del protagonista: il suo sguardo triste ma di grande carisma si trasforma sul palco in occhiate roteanti come le sue braccia fuori controllo in un ballo frenetico e madido di sudore che per molti era la raffigurazione cosciente di un attacco epilettico, il promettente attore britannico è altrettanto bravo nel perderlo davvero il controllo quando la crisi è vera ma in generale rende omaggio in maniera commovente a Curtis consegnando con tempismo e grande delicatezza la sua sensibilità alla telecamera, inoltre le scene con Alexandra Maria Lara che interpreta Annik esprimono fortissimamente il sentimento incontrastaabile di Curtis per questa donna anche perchè i due attori si innamoreranno davvero sul set facendo coppia fissa, forse l'errore sta nell'aver scelto un'attrice troppo bella per questo ruolo che la Lara interpreta con grande classe, ho visto qualche foto della Honoré che fa rima con niente di che mentre la Lara fa rima con grandissima gnocca di una classe rara.
Le scene che rimangono impresse nella mente sono tante e spesso legate ad aneddoti realmente accaduti come il manager Tony Wilson che rimase talmente impressionato dal sound dei Joy Division da giurare di scritturarli con il suo sangue se ce ne fosse stato il bisogno e così fece, l’intervista fatale dei Joy Division con Annik durante la quale Ian Curtis dichiarò “La musica dei Joy Division non è nata per essere bella”, io ne aggiungo una vera ed accertata che descrive in maniera esemplare il rapporto fra uomo e cinema e mi riferisco all’ultima notte di Ian Curtis trascorsa vedendo “La ballata di Stroszek” di Werner Herzog in maniera assente come se le immagini e la luce prodotte dal televisore fossero senza contenuto, come se ogni tanto da quella scatola di legno si cerca una compagnia umana che non può dare, si contrappone benissimo alla prima apparizione dei Joy Division in TV: mentre tutti sembrano entusiasti il volto di Debbie passa velocemente da un sorriso di ingenua felicità a rughe di amara preoccupazione che sembrano descrivere chiaramente un distacco da Ian appena avvenuto in nome della creatività e la musica.

Su Anton Corbijn

Ha ipotecato la casa per realizzare questo suo film di esordio che solo lui poteva fare visto che conosceva di persona Ian Curtis, va applaudito per una regia molto elegante ricca di scelte originali come l'inquadratura fissa all'altezza dell'asfalto con le mura dei palazzi a far da cornice ripetuta diverse volte nel film, l'unico tratto che ho trovato superfluo e non mi ha convinto è la scena dell'ipnosi di Ian Curtis mentre le riproduzioni dei concerti sono eccezionali favorite da un bianco e nero cupo come la musica dei Joy Division che è stata risuonata dagli attori che interpretano i vari membri tanto che molti hanno addirittura detto che Sam Riley canta meglio del vero Curtis, affermazione condivisibile dal mio punto d'ascolto.

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