Regia di Anton Corbijn vedi scheda film
"Control" racconta la storia di Ian Curtis, frontman di una delle rockband migliori di sempre, i Joy Division. Il direttore della fotografia che si è preso l'impegno di pilotare la mdp è lo stesso regista dei vecchi video dei Depeche Mode e di alcune canzoni dei U2: Anton Corbijn (fan dichiarato e, altresì, autore del videoclip del loro pezzo "Atmosphere"); sulla carta era la persona più indicata nel condurre un lavoro agiografico sul celebre gruppo che inventò la famosa "new wave", ovvero quel genere che avrebbe condizionato tutta l'elettronica e il pop-rock della decade a seguire. Le parti interessanti della pellicola concernono infatti proprio gli spezzoni musicali della travagliata gavetta del complesso di Manchester, in cui l'uso del bianco e nero, oltre a dare al lungometraggio un sapore retrò abbastanza azzeccato, risulta anche concretamente funzionale nel mettere in luce gli aspetti ed i momenti sciagurati dei drammatici effetti dell'epilessia, disturbo di cui Curtis ne fu afflitto fin dall'adolescenza. "Control" però delude nella scrittura. Gli eventi iniziali si susseguono difatti troppo rapidamente, tanto è vero che alcuni comportamenti del protagonista danno di frequente l'impressione della forzatura. Non particolarmente memorabile la performance di Sam Riley; se nei passaggi in cui vengono messi in scena i concerti sembra persuadere almeno parzialmente, non convince affatto nella caratterizzazione melodrammatica che dà al suo personaggio, smoderatamente sguaiata ed uniforme per attenersi veramente alla personalità del cantante. Non mi è parso che nelle biografie di Curtis costui venisse ricordato come una specie di "bello e impossibile" che per incidere i dischi o andare in televisione per il lancio di un nuovo album cercava di prevaricare sulle altre band e sugli stessi discografici con arroganza ed arrivismo (infischiandosene persino di figlia e compagna), quindi perché diavolo viene rammentato così?! Lo stesso dicasi per gli altri caratteristi maschili... tra le (poche) interpretazioni decenti citerei quindi quelle di Samantha Morton (la giovanissima moglie Deborah), e della tedesca Alexandra Maria Lara (l'amante degli ultimi anni di vita). Cionondimeno questo prodotto di Corbijn, alla fine, è passabile: gli appassionati avranno un brivido alla schiena nel riascoltare dei capolavori come "Love Will Tear Us Apart" o "Disorder", ma fa rabbia pensare che con una stesura dello script accurata ed un'operazione di casting più sensata, si sarebbe potuto ottenere un profilo di Curtis senz'altro superiore...
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