Regia di Hiroshi Teshigahara vedi scheda film
"La donna di sabbia" è un film di Hiroshi Teshigahara, regista appartenente all'avanguardia giapponese anni 60 in odore di Nouvelle vague, tratto da un romanzo di Kobo Abe e da lui stesso sceneggiato.
È un film chiaramente allegorico/esistenzialista, per cui qualcuno ha fatto il nome di Camus, a mio parere non a sproposito, che vede un giovane insegnante ed entomologo smarrirsi in una zona remota e poi chiedere ospitalità agli abitanti di un villaggio, che con l'inganno lo convincono a fermarsi presso una giovane vedova in una dimora costruita sotto una depressione sabbiosa, che per lui diventerà una sorta di prigione da cui non uscirà più. L'allegoria di Abe e Teshigahara è di marca fortemente pessimista e tende a dare una rappresentazione senza speranza di un universo dove la vita umana diventa sopravvivenza, dove l'iniziativa dell'Uomo e il controllo che esercita sulla Natura ricordano le tesi leopardiane del Dialogo della Natura e di un islandese, dunque il film non è da raccomandare agli spettatori che cerchino una visione più rassicurante e idealizzata, mentre si può comprendere come risultasse uno dei preferiti di un grande regista del cinema dello Spirito come Andrej Tarkovskij.
Personalmente non ho difficoltà con film pessimisti, purché non siano soltanto distruttivi per il gusto di esserlo ma propongano una visione sensata, che si possa condividere o meno, ma che abbia uno spessore etico o culturale, che qui trovo e che giustifica i 147 minuti di proiezione nella Director's cut ormai ampiamente diffusa, rendendolo uno spettacolo affascinante, esteticamente curatissimo nei minimi dettagli dell'inquadratura in bianco e nero. I tocchi surreali quasi bunueliani abbondano, ma non risultano mai gratuiti, contribuendo a un'atmosfera onirico/allucinatoria forse morbosa, ma certamente vivida e di forte presa emotiva. La regia risulta spesso di grande efficacia nella gestione di sequenze tutt'altro che semplici nel loro apparato visivo/scenografico, ma a dare sostanza alla pellicola contribuiscono sicuramente anche i due attori, il grande Eiji Okada già apprezzato in film come "Hiroshima mon amour" e Kyoko Kishida, capace di tenergli testa con bravura nel rendere la sofferenza e l'ostinazione di questa donna. Certamente da riscoprire, "Suna no onna" può essere l'occasione anche per valutare la prosa di Kobo Abe, a me personalmente sconosciuto finora, e per scoprire un cinema giapponese di marca più intellettuale, ma di sicuro stimolo per l'intelligenza.
Voto 9/10
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