Regia di Spike Lee vedi scheda film
Che sia un film nato sotto una cattiva stella? A questo pensavo poco fa, leggendo le recensioni pubblicate sui due più importanti quotidiani italiani, accomunate da un'accoglienza freddina e piena di distinguo, e di difetti e difettucci individuati. Per non parlare poi delle polemiche che nelle ultimissime ore si sono susseguite vorticosamente e sulle quali magari tornerò più avanti. Ecco, io non so che dire, so soltanto che il film che io ho visto è un assoluto capolavoro, senza se e senza ma. Un film che mi ha commosso, in un paio di punti quasi straziato, comunque emozionato e anche esaltato. Un'opera all'altezza delle cose migliori di Spike Lee, che anche stavolta ha impresso al prodotto la sua potente zampata leonina. E davvero non afferro il senso di chi parla di "passo falso": avercene, accidenti, di registi che realizzano "passi falsi" come questo. Certo, ci mancherebbe, ognuno è libero di esprimere dissenso, ma è come se qualcuno volesse far pagare a Lee qualche conto in sospeso, tanta è la sottile acredine che si nasconde dietro certe recensioni. C'è perfino chi ha accusato Spike (inaudito!!) di "revisionismo ". Roba da matti. Attenzione: Lee non ha mai espresso pareri offensivi nei confronti dei partigiani, nè all'interno del film nè tantomeno nei comunicati stampa che ne hanno fatto seguito (semmai è stato quell'ex-galantuomo del povero Pansa ad accusare di fanatismo i partigiani dell'ANPI: costui accusa di vanitoso egocentrismo degli anziani signori che sono stati i Padri della nostra attuale Libertà..che si VERGOGNI!!!). D'altronde anche un bambino capirebbe la buona fede tutt'altro che revisionista di un americano che, animato da sana curiosità storica e voglia di capire, indaga su uno degli episodi più dolorosi (uno dei tanti) che hanno costellato il secondo conflitto mondiale. E il ritratto che Lee traccia dei partigiani italiani non mi è parso nè mistificatorio nè accusatorio: solo, in ambito di finzione narrativa, egli delinea la triste figura di un partigiano che tradito i compagni: tutto qua. Proprio adesso ho letto un comunicato stampa del Presidente Napolitano che esprime soddisfazione ed elogio dopo la visione, e che spero metta a tacere la ridda di polemiche che hanno accompagnato l'uscita del film. Un'ultima cosa, poi chiudo questa disturbante parentesi malefica: gli organi d'informazione della destra si son rivelati ancor più subdoli del solito, strumentalizzando certi discorsi di Lee, nel tentativo (assurdo) di affibbiargli la loro casacca: cari signori, esiste un abisso fra la cultura di uno Spike Lee e l'opportunismo (partendo dai "brunovespa" per finire col "Giornale") di chi vorrebbe riscrivere la Storia col solo fine di determinare delle basi che influenzino l'orientamento della politica attuale in certe direzioni. E non dobbiamo peraltro dimenticare (e con questo chiudo veramente la parentesi) che lo sguardo di un americano sarà sempre "imperfetto" su un tema delicato e doloroso come la Resistenza, che è cosa che appartiene troppo alla nostra Storia di Civiltà perchè uno straniero possa viverla con la stessa nostra partecipazione emotiva, storica e politica. E da questo punto di vista possiamo notare nell'atteggiamento di Lee un vago spirito "naif", ma comunque NULLA che possa ricondurre al "revisionismo storico" tanto caro ai nostri "Brunivespa", anzi: pur da un'ottica yankee, l'opinione di Lee si delinea molto chiara e netta all'insegna di un antifascismo cristallino. Ma torniamo al film. La struttura narrativa scelta (prologo-lungo flashback con all'interno altro flashback-epilogo) mi sembra azzeccata. Si tratta di un'opera corposa, massiccia, un film di grosso peso specifico, da vedere con estrema attenzione e concentrazione, perchè se uno spettatore crede di fruirlo come consueto prodotto di intrattenimento, allora il rischio della noia è dietro l'angolo. Se invece ci si accosta con l'animo di chi assiste ad una visione "importante" e impegnativa ne uscirà appagato sia a livello spettacolare sia da un punto di vista morale e politico-storico. I momenti emozionanti nel corso della lunga narrazione sono tantissimi. Già nel prologo l'inusitata rapidità di un omicidio spiazza lo spettatore, benchè la scena sia stata diffusa attraverso un trailer molto presente ovunque. Poi si entra, dopo l'introduzione, nel "corpo" della storia di guerra, con personaggi tutti autentici, fatti di carne e di sangue, nonchè di psicologie ben definite, accomunati dal pagare ciascuno un pesante tributo al conflitto in atto. E sono tutti attori spaventosamente bravi, con una segnalazione particolare per quei due personaggi eccezionali che rappresentano un pò l'immagine del film: il "Gigante di cioccolata" e il "Bambino ferito". Straordinari. Accennavo prima a sequenze emozionanti. Ebbene, ce n'è una che -non me ne vergogno affatto- mi ha strappato qualche lacrima, e parlo della scena dello sterminio della chiesa di Sant'Anna di Stazzema. Quella scena bisogna vederla (non ci sono parole) per comprendere lo strazio e il dolore che la pervadono e che fanno capire (più di cento libri e mille lezioni) l'ORRORE assoluto della guerra, la bestialità, l'odio e la malvagità impliciti in qualsiasi conflitto bellico, e di come questi ultimi aspetti si riversino (partendo dai tavoli dei Potenti) sulle misere vite di persone comuni, innocenti, incolpevoli, che non possono reagire verso qualcosa di così tremendamente più immenso di loro e dei loro sventurati destini. Osservando quella sequenza, insopportabilmente straziante, ho percepito che le vibrazioni che stavano attraversando la mia persona erano condivise anche dalla maggior parte degli altri presenti in sala. Lo stesso Spike Lee, alle conferenze stampa, ha sottolineato con vigore la sua ispirazione ai Maestri del neorealismo italiano, da Rossellini a De Sica e a Visconti. Ma i veri protagonisti dell'opera non sono nè i partigiani nè i nazisti, bensì i "Buffalo Soldiers", cioè la 92esima divisione composta interamente da afroamericani inviati sul fronte italiano. Ecco dunque cosa realmente interessa a Spike Lee, cioè indagare sull'enorme disagio di questi ragazzi di colore che stanno combattendo in un altro Paese una guerra che non sentono e che non appartiene loro. Ed ecco che i conti tornano e si delinea un ulteriore tassello nel lungo percorso di Lee attraverso la consapevolezza e la ricerca della dignità del popolo afroamericano. E' curioso ascoltare questi soldati esprimere il loro piacevole stupore per come in Italia non avvertano per niente quell'odioso pregiudizio razzista che alligna invece, radicato e diffuso, nel loro Paese. E, a proposito di razzismo, c'è un "flashback nel flashback" molto significativo che illustra chiaramente i problemi derivanti dalla segregazione razziale, che si concretizza in una scena all'interno di un esercizio commerciale. Fa piacere constatare come, nonostante col passare degli anni Spike Lee abbia visto aumentare la sua fama, il suo potere contrattuale (e -suppongo- anche il suo conto in banca) in realtà la sua rabbia e il suo spirito polemico verso la società americana bianca non abbiano perso un grammo della loro potenza. Anzi. Suggestivo al massimo l'incontro fra il "Gigante" e il piccolo Angelo; è un episodio curioso, pervaso da una immensa umanità ma anche da un pizzico di magìa favolistica, davvero bello: la singolare intesa che si stabilisce fra i due è ammantata di mistero e di emozione. Sorprendente il finale, con un piccolo colpo di scena che mi guardo bene dallo svelare: mi limiterò a dire che la location finale coglie di sorpresa lo spettatore. Inquietante poi quello sfondo naturale che accompagna buona parte del racconto, un panorama montuoso che, per il singolare profilo, viene battezzato dal popolo toscano "La montagna dell'Uomo Che Dorme". Fra i validissimi ed affiatati attori afroamericani spicca il "Gigante di cioccolata", un intenso e "naif" Omar Benson Miller. Da segnalare senz'altro il prezioso cameo del sempre ottimo John Turturro, legato a Lee da vecchia amicizia. Altro cameo, che passerà quasi inosservato ma che mi piace sottolineare dato che si tratta di uno dei miei attori favoriti: l'ispanico Joh Leguizamo. I detrattori hanno scritto che il lato italiano del cast è poco in parte o comunque diretto male: non sono d'accordo. Il fantastico debuttante Matteo Sciabordi impersona Angelo, il bambino protagonista scampato per MIRACOLO all'eccidio, che appare sospeso tra realtà e fantasia e vive in un proprio mondo. Perfino un'attrice come Valentina Cervi che non ha mai incontrato le mie simpatie, qui sembra appropriata al ruolo. Omero Antonutti è sempre un grande, qui nel personaggio di un vecchio fascista meschinamente opportunista. Luigi Lo Cascio appare in un ruolo importantissimo ma, quantitativamente, ridotto a pochi secondi, in cui tuttavia fa il suo dovere con onore. E, infine, un Pierfrancesco Favino straordinariamente intenso, in un bellissimo ruolo che avrebbe meritato (qui sì che mi sento di criticare Lee!) molto più spazio. Spike Lee si dimostra, oltre che un Maestro del cinema contemporaneo, un genio di versatilità artistica: non è da tutti passare con stile da un piccolo capolavoro thriller come "Inside Man" a un grande capolavoro "bellico" come questo.
Voto: 10
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