Regia di Franco Brogi Taviani vedi scheda film
Franco Brogi Taviani, ispirato dalle parole di Walter Veltroni, va in Africa per testimoniare con il proprio occhio le tragedie del continente. L’autore-regista sembra non dimenticare nessuna di quelle immagini che ogni documentario sulla situazione africana dovrebbe contenere. I bambini con gli occhi lucidi e la mosca sul volto, le donne malate di AIDS, le scuole con i pavimenti di fango, i tamburi e le danze, le enormi discariche in cui i dannati del terzo mondo si cibano (da dove venga però questa moltitudine di rifiuti rimane un mistero), i grandi spazi naturali, i contrasti tra gli edifici ricchi delle multinazionali e le catapecchie in cui vivono i natii. Quella di Franco Brogi Taviani sembra una compilation di tutti i luoghi comuni sulla situazione africana. Il regista lavora su quegli elementi che sono subito riconoscibili, perché già visti decine di volte in televisione o in altri documentari e proprio per questo ormai insufficienti a smuovere le coscienze di chi è stato anestetizzato dal flusso catodico, grazie a quelle immagini che vorrebbero raccontare la povertà e la miseria e finiscono invece per non avere più nessuna carica critica, perché ormai abituali. Alcune sequenze appaiono poi sporcate dalle inevitabili esigenze finzionali del racconto, che danno la sensazione di un intervento autoriale posticcio, per meglio fotografare una realtà che in alcuni momenti sembra appositamente ricostruita.
Quello che colpisce veramente è invece vedere come l’essere umano sia in grado di adeguarsi a qualsiasi condizione. Di come anche tra i rifiuti e le malattie la vita continui, con persone che scherzano, ridono e si fumano una sigaretta distese su un sacco della mondezza.
L’idea della compilation viene anche rafforzata da un uso continuo della musica che se da un parte vorrebbe trasformarsi in una linea narrativa che guidi la visione dello spettatore, dall’altra sembra più che altro un riempitivo per i momenti morti del racconto, quando le voci interne al quadro perdono di interesse.
Il titolo rimanda poi ad un interrogativo di dubbia rilevanza. Che Dio sia o meno malato importa fino a un certo punto, il vero miracolo, per chi vi crede, è la meravigliosa capacità umana di far continuare la propria esistenza anche in quei luoghi dove la miseria e il dolore sembrerebbero annichilire qualsiasi impulso alla vita.
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