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Cicciabomba

Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Cicciabomba

di FABIO1971
2 stelle

C'è trash e trash, anzi tutto... Sposarne semplicemente l'estetica senza accostarvisi con un minimo di deferenza e profilo ultrabasso, significa, nella maggior parte dei casi, rischiare di naufragare, più o meno inconsapevolmente, in sgradevoli e spesso penose figuracce: sorte, questa, che puntualmente travolge l'improbabile team Lenzi-Rettore a cui si deve questo imbarazzante Cicciabomba, un'operina insulsa che degli anni Ottanta possiede il respiro (ma sarebbe più corretto parlare di tanfo...) becero del kitsch più deprimente, contrappuntata, oltre tutto, da una patina di moralismo talmente fasullo da infastidire anche quello spettatore che col trash, invece, ci va allegramente a nozze. Donatella Rettore da Castelfranco Veneto, con una carriera discografica all'epoca sempre più in vertiginosa ascesa nelle hit parade nostrane, decide, nell'estate del 1982, di cimentarsi anche nel cinema, affidandosi, per il suo debutto da interprete protagonista, alla regia di Umberto Lenzi: l'esordiente attrice, che già due anni prima aveva tentato il grande salto con il progetto, poi abortito dopo il primo ciak delle riprese, di La ragazza che portava fortuna (che avrebbe dovuto annoverare la regia di Giancarlo Prete e la partecipazione, come protagonista maschile, di George Hilton), appena gratificata da un hit firmato nientemeno che da Elton John (sotto pseudonimo...) da proporre nella colonna sonora (la zuccherosa ballata This Time che accompagna i titoli di coda), si lancia anima e corpo nella disperata impresa di cavare qualche stilla di buonumore da un copione che possiede, invece, l'unica aspirazione, nel dipanarsi dei suoi avvilenti e prevedibili sviluppi drammaturgici, a far accapponare la pelle. Miris Bigolin (Donatella Rettore), deejay liceale (molto sui generis, dispensando esclusivamente ai propri ascoltatori bordate di sano e potente hard rock, tra Blue Öyster Cult e Saxon) in una radio cattolica del trevigiano (ma il film è girato quasi interamente a Monterotondo, alle porte di Roma) che per le sue dimensioni extralarge è soprannominata "Cicciabomba", è vittima dei pregiudizi dei compagni di scuola, è odiata dalla sorella Deborah (magra e bella) e vessata da scherzi di cattivo gusto. Miris, in realtà, ha un cuore d'oro ed è talmente dolce e sensibile che, incapace di sostenere il peso delle proprie intime sofferenze, finirà per tentare il suicidio: ma invece della morte (e qui il copione inizia a deragliare paurosamente nel moralismo più sconcertante, allineando una sequela di banalità a dir poco raccapriccianti), troverà in una scatola di cioccolatini un viaggio premio a New York, dando il via alla propria irresistibile riscossa: nella Grande Mela sperimenterà, infatti, un nuovo prodotto dimagrante, diventerà bella e famosa, inciderà un disco e tornerà trionfante in Italia a prendersi le sue rivincite. La morale del film? Sei grassa? Vai a correre, così dimagrisci, diventi più bella, lo star system si accorgerà di te, ti farà incidere un disco e diventerai anche famosa... Da raggelare il sangue, anche considerando che, nel frattempo, abbiamo assistito, esterrefatti, ad un epocale delirio di dialoghi da ospedale psichiatrico ed a battutacce, smorfie e linguacce da avanspettacolo maleodorante che neanche il mestiere di Umberto Lenzi riesce a rendere minimamente coinvolgenti. Incastonato, nella filmografia del regista toscano, tra altre due "perle" come Incontro nell'ultimo paradiso e La guerra del ferro, Cicciabomba si schianta fragorosamente quando anche la patina consunta del trash movie viene definitivamente spazzata via dalle presunte velleità di analisi sociologica che la sceneggiatura tenta maldestramente di innestare a forza nel corpus del film: lo script, firmato dall'esordiente ed anonimo Mauro Mariani e dal Giorgio Mariuzzo storico sceneggiatore di innumerevoli exploit della commediaccia all'italiana (da L'insegnante al mare con tutta la classe a Pierino medico della Saub, ma anche di incursioni horror come E tu vivrai nel terrore - L'aldilà e Quella villa accanto al cimitero di Lucio Fulci, nonchè regista in proprio, tra gli altri, di Mondo porno oggi e Orazi e Curiazi 3-2) banalizza sistematicamente qualsiasi spunto originale o per lo meno godibile annacquandolo nella melassa retorica dei buoni sentimenti, fiaccando la verve di Donatella Rettore (truccata penosamente con tanto di fiocchi di cotone in bocca e vestiti imbottiti di gommapiuma) e gettando in pasto al pubblico ludibrio attori del calibro di Paola Borboni, Anita Ekberg e Ugo Bologna. Alla fine a salvarsi è soltanto la colonna sonora, curata dal Claudio Rego compagno di Donatella Rettore (nonchè co-autore della maggior parte delle sue canzoni), con il brano-tormentone M'è scoppiata la testa ("M'è scoppiata la testa, io rivoglio la pasta, mele verdi per frutta, con le gambe a grissino però, però vorrei un panino"...), di cui Lenzi ci offre solo brevi estratti. Magari... Dopo la terza volta che ci viene propinato (per di più dall'inizio alla fine), si finisce per odiare violentemente anche questo brano, come l'intero film, dal profondo del cuore...

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