Regia di Gavin O'Connor vedi scheda film
Non convince appieno, questo thriller, per una serie di motivi che andremo ad esaminare, pur conservando una propria dignità e una propria coerenza. La vicenda narrata e lo stile della regìa appaiono piuttosto classici, e qui si annida un primo handicap poichè, fermo restando che le storie americane di poliziotti corrotti hanno da sempre un loro appeal, si tratta di un tema che negli ultimi anni il cinema americano ha rivoltato come un calzino, e potrei citare decine di titoli: il primo che mi viene in mente è proprio il più recente, quel valido "I padroni della notte" che peraltro, pur avendo contato su un budget probabilmente inferiore a questo "Pride and glory", era tuttavia molto più vivace e godibile. Il tema affrontato resta interessante ma il problema è che lo spettatore rischia -legittimamente- di annoiarsi nel vedersi riproporre la solita solfa delle "mele marce" che si nascondono tra i "bravi ragazzi" del Dipartimento di New York. E poi c'è uno stile registico un pò piatto, un pò statico, dai tempi narrativi troppo dilatati, tanto che a tratti si ha l'impressione di avere a che fare con un telefilm -o uno sceneggiato tv- gonfiato a dismisura. E qui ci colleghiamo al problema più concreto, una durata eccessiva: la storia in sè, pur con tutti i suoi sviluppi, non giustifica assolutamente i 130 minuti di pellicola. Finora ho trattato piuttosto male questo film, ma non è nelle mie intenzioni demolire una pellicola che certo non merita solenni stroncature, ho solo annotato alcuni difetti abbastanza evidenti. Ma proprio per il suo incedere classico il film risulta più che dignitoso e si fa guardare con interesse. Oltretutto, può vantare un cast super professionale, in cui spiccano tre star di assoluta grandezza. Innanzitutto un Ed Norton in ottima forma e perfettamente in parte, in un ruolo che gli calza a pennello. Poi un Colin Farrell anche lui bravissimo nel non facile ruolo di un uomo su cui gravano sensi di colpa, umane debolezze e tormenti interiori che ne fanno un personaggio estremamente irrequieto e ricco di sfumature. E infine il "grande vecchio", Jon Voight, sul quale consentitemi di aprire una breve parentesi personale. Ogni volta che al cinema vedo il suo volto ormai segnato dagli anni, non posso fare a meno di pensare a due cose: la prima -.lo ammetto- è una cazzata e cioè che si tratta del padre di una delle donne più belle del mondo, mentre la seconda è più seria...mi si riaccendono i ricordi di un film clamoroso, che consegnò la performance di Voight alla Storia del Cinema, quel "mitico" (ma davvero!) "Uomo da marciapiede" che ancora oggi riesce a farmi emozionare esattamente come la prima volta che lo vidi. Chiudo qua la parentesi, considerando solo che è bello quando ti rendi conto che certi film ti procurano le stesse fortissime emozioni a distanza di oltre trent'anni!! Come dicevo, la storia non è che sia una gran novità. Abbiamo una famiglia in cui sono quasi tutti poliziotti: il padre, i due figli maschi e perfino il genero. E uno di questi (non diciamo quale, anche se nel film salta fuori quasi subito) è una "mela marcia". Il moderato crescendo di tensione della pellicola si accompagna dunque dapprima alle indagini volte a scoprire i poliziotti corrotti e, successivamente, al frantumarsi dei difficili equilibri (professionali e famigliari) come conseguenza dell'affiorare delle colpe e delle responsabilità. E già anche chi non ha visto il film può facilmente intuire tutto il corollario dei soliti spacciatori nativi dei quartieri ispanici, i soliti confidenti della polizia, le solite bravate da bulli violenti dei poliziotti che intascano le mazzette: insomma il trionfo del deja-vu. A questo punto come può reggere un film che naviga nel "già visto" se non affidandosi alla qualità della recitazione? E infatti sono le valide performances dei citati Norton, Farrell, Voight, a salvare (parzialmente) la pellicola e a generare un minimo di interesse. Resta però il problema di una regìa che non sa impostare uno stile atto a neutralizzare quest'effetto di "già-visto." Per dire: James Gray col suo "I padroni della notte", pur muovendosi nei medesimi territori, ci riusciva benissimo a rendere gradevole il suo film. Oltretutto poi, andrebbe segnalata la schizofrenìa di una sceneggiatura che procede per inerzia (con sviluppi tutti prevedibili) per circa 3/4 di film, poi fa precipitare tutto nervosamente nell'ultima mezz'ora: ma qui preferisco non infierire, ammettendo la buona fede di una precisa scelta voluta, ancorchè discutibile. Per concludere, riporto una notizia curiosa colta su Internet: i due gemelli O'Connor (che hanno prodotto, scritto e diretto il film) conoscono bene la materia, essendo stato il loro padre un vero poliziotto del Dipartimento di New York. Se cercate un poliziesco tradizionale e ben recitato, accomodatevi. Se invece cercate un thriller avvincente e stimolante, potete evitare.
Voto: 6 e 1/2
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