Regia di Anne Fletcher vedi scheda film
Dalla sceneggiatrice di Il diavolo veste Prada - così recita la locandina - ci aspettavamo di più, molto di più. Carino, senza pretese, questo 27 volte in bianco sposa ancora una volta una spigliata Bridget Jones alla favola di Cenerentola, senza regalarci alcuna sorpresa. Due sorelle, una buona e schiva, l’altra arrivista e “mangiauomini”, un’amica simpatica e sfigatella, un uomo di cui tutte si innamorano, e forse avrete già capito come va a finire. Dimenticavamo l’altro: “giovane, carino e occupato” in un giornale dove scrive articoli sui matrimoni. Unico tocco di cinismo di una pellicola che cinica non è. Le 27 volte del titolo sono quelle in cui la protagonista, in attesa di marito, fa le prove generali, misurandosi con il ruolo minore di damigella della sposa. E la commediola è servita. Brillante e leggera quanto volete, ma incapace di graffiare e di regalarci un po’ di cattiveria. E se qualche risata inevitabilmente vien da sé, in più occasioni la storiella non fa ridere per niente, nonostante gli sforzi, le smorfiette, le battutine. Peccato, perché alla locandina avevamo creduto, e di Il diavolo veste Prada abbiamo ancora un vivo ricordo. Pericoloso creare alte aspettative.
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