Regia di Carmine Amoroso vedi scheda film
Inizia e finisce con un lutto la storia di Ioan (Gabia), bella faccia pulita che ricorda quella di Jovanotti, partito dalla Romania alla ricerca di un po' di fortuna in Italia. Arrivato nel Belpaese in quella congiuntura storica indecorosa e interminabile puntellata dalle voci off falsamente rassicuranti di Ratzinger e Berlusconi, il ragazzo passa tutta la trafila dell'immigrato indesiderato, stringe amicizia con un quarantenne romano (Lionello) che lo ospita e che sta messo male quanto lui ma alla fine sembra avere un colpo di fortuna come ragazzo immagine. Ed è proprio come quella sua bella faccia pulita, specchio dell'anima, che Ioan manterrà integra fino in fondo la sua dignità.
Tra il documentario e la finzione, Cover boy è un buddy movie girato in digitale che ci porta dall'universo dei paria della Stazione Termini al luccichio del mondo iperpatinato della Milano della moda e della pubblicità. Per quanto la regia riesca a evitare lo stridore tra le due ambientazioni, il film tradisce una certa discontinuità, a cominciare dal casting, con la Littizzetto che sembra perennemente negli studi di Che tempo che fa, e a proseguire con qualche scantonamento narrativo un po' glamour. Ma la forza del film - fratello maggiore de La ballata del lavavetri - sta nella messa in scena del disagio profondissimo di chi è straniero anche in patria, come capita al personaggio interpretato con sensibilità da Luca Lionello, che qui sfodera una prova memorabile.
Miglior film al Festival politico di Barcellona.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta