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Khartoum

Regia di Basil Dearden vedi scheda film

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giansnow89

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Khartoum

di giansnow89
8 stelle

Ricostruzione grandiosa che si avvale di due mostri della recitazione.

Con una certa dose di miopia e pregiudizio, più d'uno è tentato di ricondurre queste pellicole di guerra a scopi propagandistici e giustificazionisti, ignorando la grandezza e la magnificenza che è sotto i loro occhi. L'ardore critico li consuma, quel volere a tutti i costi cercare il pelo nell'uovo anche dove non c'è. I fatti: la città di Khartoum e l'intero Sudan sono minacciati da Muhammad Ahmad, mistico megalomane autoproclamatosi Mahdi (colui che è atteso), che riunisce sotto di sé decine di migliaia di uomini, col fine di scacciare l'egiziano invasore. L'Egitto spedisce su per il Nilo un esercito indigeno al comando di un britannico, il generale Hicks, che viene stritolato facilmente dagli uomini del Mahdi molto prima di arrivare a Khartoum. L'Egitto era protettorato britannico, ma i britannici, nella persona del primo ministro Gladstone, se ne sarebbero volentieri lavati le mani, lasciando gli egiziani di Khartoum al loro destino. Si giunge a un compromesso: l'Impero assolda in gran segreto l'eroe nazionale Gordon, un idealista e un uomo determinato, al fine di evacuare Khartoum dagli egiziani e salvare capra e cavoli, ovvero la faccia e la pelle. Nei loro intenti, non una goccia di sangue britannico avrebbe dovuto essere versata: Gordon avrebbe dovuto da solo venire a capo della situazione, e l'eventuale responsabilità di un fallimento sarebbe ricaduta integralmente su di lui. Ora, dalla pellicola non si evince minimamente alcuna volontà di magnificare l'impero britannico, tutt'altro: il primo ministro Gladstone ne esce come una figura meschina, preoccupato com'è di salvare la propria reputazione e il proprio posto e così bellamente disinteressato alle sorti di Gordon e degli uomini posti sotto la protezione dell'Impero. Fra le quattro lussuose pareti delle sue comode stanze, fra un colloquio con la Regina e l'altro, si picca di essere il punto focale della questione sudanese, mentre è un sordido ometto che gioca a fare il politicante. Altra statura morale è quella del Mahdi (Olivier): malgrado il suo principio di follia, mantiene la dignità e il contegno di un grande condottiero che combatte per la liberazione del suo popolo. Uomo d'arme, abilissimo stratega, capace di enorme rispetto verso Gordon Pascià, la sua controparte britannica. La simmetria fra i due protagonisti, oltre che totem della cinematografia, è totale. Un Charlton Heston una volta di più formidabile dà vita a un controverso personaggio storico, un ribelle che ha sempre rifiutato l'autorità e l'imposizione dall'alto, inseguendo la sua natura e le sue personale leggi, non senza un leggero pizzico di vanità. Gordon Pascià è cocciuto ma cosciente: non esclude il rischio, ma non lo teme, contempla l'idea della morte, ma considera la paura di morire come un lusso a cui ha rinunciato da tempo. Memorabili i due dialoghi privati tra il Mahdi e Gordon: senza possibilità di compromesso, come è ovvio per due caratteri troppo simili per incastrarsi a vicenda; l'intero scontro pare risolversi come un regolamento di conti fra due personalità che si rispettano, si temono, ambiscono entrambe a un posto di riguardo nei libri di storia e rifiutano l'idea della sconfitta e della resa, sia Gordon sia il Mahdi; non sussiste una prevalenza né una preferenza del regista per l'uno o per l'altro (che poi sarebbe Gordon, ovviamente, per qualche maligno). Gordon si asserraglia a Khartoum e aspetta la morte per orgoglio personale, per sfida a se stesso. Ed è forse in questo clima di attesa dell'irreparabile e di irrespirabile ed interminabile reclusione che Quentin Tarantino ha ravvisato una fonte per il suo The Hateful Eight

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