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Darling

Regia di John Schlesinger vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Darling

di sasso67
8 stelle

La giovane fotomodella Diana Scott lascia il marito per mettersi con un giornalista televisivo che, a sua volta, per lei lascia la famiglia. Annoiata dalla vita al fianco dell'intellettuale e ingelosita dalle sue visite ai figli, allaccia una relazione con un manager pubblicitario, ma si rende conto che questi non può e non vuole offrirle una relazione stabile. Recatasi in Italia per lavoro e vacanze in compagnia di un amico fotografo omosessuale, la ragazza riceve una proposta di matrimonio da un principe romano rimasto recentemente vedovo. All'inizio Diana respinge la proposta e torna in Inghilterra, ma, sentendosi sola, accetta di sposare il nobile italiano. Costretta a vivere nell'antica villa di famiglia del marito in compagnia dei suoi sette figli e della servitù, perché lui è spesso via per lavoro, la giovane si sente prigioniera e scappa di nuovo a Londra, tornando ancora tra le braccia del giornalista, forse l'unico uomo che abbia amato davvero. Però l'uomo non sembra più disposto a riallacciare la relazione alle stesse condizioni di prima.

Schlesinger, uno degli alfieri del free cinema, coglie l'attimo giusto per ritrarre un momento di evoluzione della società inglese (per la verità focalizzandosi su un certo tipo di borghesia londinese), perennemente in movimento ma sempre annoiata, anche attraverso i propri riti e le trasgressioni che ne sancivano la rottura (come nella parentesi parigina in compagnia di Miles).

Il regista, all'interno del movimento del nuovo cinema inglese, sembra il cantore della borghesia, rispetto a colleghi come Anderson, Richardson e Reisz che hanno spesso ritratto nei loro film protagonisti provenienti dalla working class (si pensi, solo per fare un esempio, a Sabato sera, domenica mattina) e riflette qui, attraverso il personaggio di Diana, un'insoddisfazione per come si stava evolvendo la società britannica nei venti anni successivi alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale: si tratta, in fin dei conti, di una società ipocrita che utilizza i propri riti secolari per mascherare vizi pubblicamente inconfessabili. Lo stesso Schlesinger riuscirà a parlare apertamente della propria omosessualità soltanto in tarda età, quando già da tempo viveva in America (dove è morto nel 2003).

Pur costituendo una delle propaggini del free cinema (il cui periodo più fecondo, a mio parere, si svolse tra la fine degli anni Cinquanta e i primissimi Sessanta), Darling porta avanti un discorso riuscito anche grazie al valore degli interpreti: oltre al sempre bravissimo Dirk Bogarde (che appena due anni prima aveva recitato nel Servo di Losey), si staglia, nello stesso anno in cui lavorò per una superproduzione come Il dottor Zivago, una Julie Christie in stato di grazia, un'attrice che sa diventare il personaggio per il quale è stata ingaggiata e che non è solo funzionale al film, ma manifesta una personalità che fuoriesce in maniera tridimensionale dallo schermo cinematografico. Non per niente, Schlesinger la sceglierà anche per interpretare la Betsabea del suo Via dalla pazza folla (1967). La lunga sequenza in cui la Christie si spoglia attraverso le stanze del palazzo principesco in cui vive in Italia è un pezzo di bravura (recitativa e registica) ed ho l'impressione che a suo tempo sia stato censurato nella versione italiana del film.

Come produttore principale del film (e di altri importanti lavori del nuovo cinema inglese degli anni Sessanta, quali Una maniera d'amare e Billy il bugiardo) figura, anche in veste di soggettista, l'ebreo di origine italiana Joseph Janni, nato a Milano nel 1916 da famiglia di origine triestina ed emigrato in Inghilterra nel 1939 dopo l'emanazione, in Italia, delle leggi razziali.

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