Regia di Nagisa Oshima vedi scheda film
Nel Giappone degli anni sessanta si aggira un maniaco sessuale che prima uccide le sue vittime e poi le possiede carnalmente. Questi è Eisuke (Kei Sato), un uomo sposato con la candida maestra di scuola Matsuko (Akiko Koyama) ma ancora innamorato della sensuale Shino (Saeda Kawaguchi), una contadina sopravvissuta a un suicidio amoroso compiuto insieme a Genji (Rokko Toura), il sindaco neo eletto del villaggio, proprio grazie al suo risolutivo intervento.
Eisuke, Matsuko, Shino e Genji, quattro persone per un susseguirsi di pulsioni erotiche di affascinante complessità cognitiva. Prima de "L'impero dei sensi", con "Il demone in pieno giorno" (da un romanzo di Taijun Takeda), Nagisa Oshima disegna questo conturbante intreccio di passioni dove sembra che non possa esserci amore senza ammantarlo di tragedia e dove la morte e la diretta conseguenza dell'impossibilità di affrancarsi dalle debolezze della carne. E' davvero labile il confine tra il bene e il male e la solitudine è una condizione esistenziale che non risparmia proprio nessuno (e qui si rimanda volentieri alla struggente sequenza finale). La narrazione segue un andamento affatto lineare, continui flashback ci portano dal presente al passato e dal passato al presente, dalla campagna verdeggiante della regione di Shinshu al traffico della metropoli, dalla vita del villaggio a quella della città di Osaka. Dal punto in cui tutto ha avuto inaspettatamente origine ai luoghi dove le pulsioni sessuali si palesano con tutto il loro corollario di devianze psichiche. Il film si nutre di dettagli, della somma algebrica di tanti piccoli particolari, frammenti sparsi di un mondo sottrattosi all'incedere progressivo della storia. Gli occhi e i volti sono i luoghi dell'anima che segnano lo scarto tra l'incapacità di ognuno di sfuggire dalla dolorosa accettazione di un destino crudele e il tentativo di insinuare un pò di umano razionalismo in una storia che ha tutti i crismi della tragedia annunciata. I delitti di Eisuke non vengono mai mostrati, sono sempre fuori campo. Lo sguardo di Oshima non è dove si fa scempio dei corpi ma fisso sulle ferite del cuore, che sanguinano di fronte all'insensatezza di così funeste passioni. La carica di violenza è nell'intreccio in se, nella necessaria interdipendenza di esistenze violentate dalla ritualità del dramma amoroso, imbrigliato in quel rapporto mitico tra amore e morte che pochi come Nagisa Oshima hanno saputo così sapientemente rappresentare al cinema : cogliendone l'intima essenza psicologica in tutta la sua fisica corporalità e astratta delineazione della follia che scaturisce dall'insana gestazione di un amore. Paragigma classico della "Nouvelle Vougue" giapponese, "Il demone in pieno giorno" è un film bello da vedere e da scoprire nel profondo.
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