Regia di Silvio Muccino vedi scheda film
Possiamo stare tranquilli: i nostri soldi sono in buone mani. Realizzato (vantandosene, e come dargli torto?) con i contributi del ministero italiano della cultura, questo lungometraggio d'esordio di un giovane regista dal cognome già sentito da qualche parte vale tutti i soldi del biglietto: 7 euro. Non un biglietto di più, però. Negato come attore, Silvio (a questo punto dev'essere il nome, che in Italia porta bene) si cimenta come sceneggiatore - con Carla Vangelista - e regista, magari usufruendo dei preziosi consigli del fratello maggiore, che è una delle sciagure più devastanti che si siano mai abbattute sul cinema italiano. E infatti il fratellino ricalca con cura le orme del fratellone: ne esce un film subdolo, pretenzioso, che ostenta il suo sfarzoso nulla con sadico piacere e finisce per umiliare, oltre che sè stesso, pure il pubblico. Una valanga di banalità, un concentrato di luoghi comuni cinematografici, un'opera prima sgangherata e presuntuosa di un uomo che era già stato consegnato alla storia come nemico del cinema: lo sfacelo si subodorava, e infatti il governo italiano non ha perso tempo ed ha subito furbamente approfittato della situazione per scialacquare una vagonata di soldi pur di comparire nei ringraziamenti di questo immortale cacolavoro.
Un giovane bruttarello e squilibrato, cresciuto solitario in comunità, fa strage di cuori e vince continuamente a poker, in bische clandestine. Le due cose gli causeranno un po' di problemi. Comunque l'amore trionfa, eh.
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