Regia di Eran Kolirin vedi scheda film
La banda della polizia egiziana (chi ne ha mai sentito parlare?), durante una trasferta in Israele, capita per sbaglio in un agglomerato urbano sperduto nel deserto (chi ne ha mai sentito parlare?).
E' una pellicola che fa vedere come persone di nazionalità diverse, di paesi ostili tra loro, possono fraternizzare se solo si verificano le circostanze, per forza casuali e non cercate. Qualcuno ci vede un forte messaggio pacifista, ma io francamente propendo per l'interpretazione più generica di cui sopra. Infatti, assistiamo alla nascita di amicizia e amore tra israeliani ed egiziani, i quali non sono proprio come cane e gatto (quali ad es. israeliani e palestinesi).
Inoltre, quest'opera minimalista vuole mostrare l'umanità spicciola dei suoi personaggi, con le loro miserie, i loro rimpianti e i loro desideri frustrati. In questo settore secondo me ci siamo, tuttavia il film non è incisivo e preciso come vorrebbe. Il mettere veramente a fuoco certe situazioni e personaggi è un'arte sottile e difficile, che pochi registi e sceneggiatori possiedono interamente. Certe sequenze (il pattinaggio), inoltre, sono un po' stiracchiate. Per film minimalisti come questo, il taglio laser ce l'hanno, secondo me, Kiarostami o altri registi iraniani.
Tuttavia è un'opera originale, che mostra persone qualunque e piccole cose, ambientata in luoghi sconosciuti ai più, che hanno poco di bello o di interessante. Eppure anche in quel manipolo di case sperduto nel deserto vivono persone con la loro umanità e con i loro piccoli e grandi drammi.
Apprezzabile l'idea dell'edizione italiana di mantenere in arabo con sottotitoli i dialoghi tra gli egiziani, e di doppiare gli altri, presumibilmente dall'inglese.
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