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Tutta la vita davanti

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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Carlo Ceruti

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La recensione su Tutta la vita davanti

di Carlo Ceruti
10 stelle

Colpisce profondamente.

Mi ha colpito profondamente questo film di Virzì, che è uno dei pochi autori italiani che ancora riesce ad emozionarmi. Ha un tocco così semplice e leggero ed allo stesso tempo uno spirito acuto, cattivo e crudele degno dei grandi padri del nostro cinema ed è un degno continuatore della commedia all'italiana. Qui ci parla della condizione dei giovani d'oggi, della difficoltà di trovare un lavoro decente dopo la laurea, del precariato, del sindacalismo e della new economy. Ne esce un ritratto durissimo, triste e feroce, in cui la commedia ed il dramma si uniscono per dar vita ad una vicenda spesso grottesca che, attraverso la sua lente deformante, riesce a dire tantissimo su questo paese. Dei personaggi non si salva nessuno se non la protagonista: una giovane e tenace laureata in filosofia costretta a tentare la carriera in un sorridente ed allegro call center, che in realtà è un vero lager; un lager dove i padroni, dietro alla faccia bonaria, nascondono cattiveria, arrivismo, imbroglio e sfruttamento (anche sessuale) e dove i colleghi, alla solidarietà, preferiscono lo scherzo maligno ed un carrierismo che, nel migliore dei casi, non porta da nessuna parte se non a quattrocento miserevoli euro al mese ed all'ospedale. Dicevo che non si salva nessuno perché oltre ai padroni pacchiani, rozzi ed ignoranti, che si vestono bene, inaugurano case nuove, vanno in giro su macchinoni e s'illudono di vivere una vita spettacolare e di passare giornate 'speciali' e 'ricche di opportunità' per nascondere un'esistenza inutile, vuota e spesso vissuta nell'attesa di qualcosa o in una solitudine miserabile, anche i lavoratori precari ed i giovani sono malrappresentati in questo film; sono giovani spesso senza ambizioni, che si accontentano dell'orribile Grande Fratello, che non hanno nessuna coscienza e nessuna voglia di alzarsi in piedi e migliorare le loro vite, accontentandosi quindi di farsi rimbecillire dalla televisione e di imitare chi sta sopra di loro, vivendo spesso al di sopra delle loro possibilità e sperando che le cose cambino da sole. Le loro tragedie e le loro miserie (sia di padroni che di lavoratori), sono sia private che pubbliche; non è solo la loro vita lavorativa ad essere frustrante, ma anche quella familiare e sembra impossibile mettervi ordine. Ma forse in tutto ciò c'è un altro personaggio che si salva: la madre della protagonista, malata e morente, che compare poco nel film ma lascia il segno; lei è l'allegoria di una società che sta scomparendo, che non c'è ormai più e che sta lasciando il posto al vuoto più totale.

Tutto questo è raccontato con piglio ironico e leggero, ma pian piano lo stile s'aggrava e si sfocia in un grottesco che sa di tragico.

Ed il ritratto dell'Italia che viene fuori è desolante e degradante; è un ritratto in cui la speranza è davvero difficile da trovare e tutto viene ben celato dietro colori accesi, sguardi allegri, case fastose, macchine ipercostose ecc. ecc.

Oltre a tutto ciò, bisogna assolutamente dire che gli attori sono a dir poco eccezionali e la potenza narrativa del regista, fa sì che sia impossibile annoiarsi e quasi ci si commuove nel finale. 

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