Espandi menu
cerca
Tutta la vita davanti

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

Recensioni

L'autore

elendill

elendill

Iscritto dal 16 marzo 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 24
  • Post -
  • Recensioni 313
  • Playlist 15
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tutta la vita davanti

di elendill
8 stelle

C’è una guerra che imperversa sotto il cielo azzurro dell’urbe, in mezzo a tanti lavoratori gioiosi che ballano al cantar del gallo e dell’ufficio, qui dove fra fuori e dentro lo schermo (di un cellulare, della TV, di un computer) ormai non c’è più differenza. È un mondo di mostri che indossano maschere da brave persone e di brave persone che indossano maschere da mostri, inconsapevolmente o meno – ma sembra importare poco. È una società alla sbando che non sa più riconoscersi (come tale). È una macchina (a canali) da guerra spinta alle sue estreme conseguenze, che ormai alle ombre della caverna non solo crede ciecamente, ma le crea e le è, essa stessa.
Un film bellissimo e spietato, in cui un Paolo Virzì in stato di grazia si dimostra a sorpresa capace di una maestria e di una padronanza della materia lodevoli, sommando ad una lucidissima regia un cast più che efficace, dalla disorientata e lunare Ragonese a Massimo Ghini e una strepitosa Sabrina Ferilli (a dir poco geniale l’idea di far interpretare personaggi in sé televisivi -come l’uomo in carriera cornificatore che comunica via cellulare o l’inquietante capo centralinista del call center che prima sembra la Ventura e poi pare Norma Desmond- a persone che sono, a conti fatti, personaggi televisivi); unico limite nell’azzeccatissima parata di attori è Elio Germano, la cui interpretazione esagitata e spropositata fa l’effetto del gesso sulla lavagna.
Domina lo straniamento perenne, in un microcosmo dove homo homini 'lucrus' e basta, dove l’umanità si schiaccia sotto le suole di scarpe all’ultimo grido, pronte a rincorrere qualsiasi potenziale avversario – e lo siamo tutti. E se non sei così sei fuori, sei out, sei marchiato a vita (“Volete diventare niente? Volete essere niente?”).
L’autodistruttivo vuoto esteriore riflette quello interiore che è messo molto peggio di quel che temevamo; ma, alla fine, c’è spazio per un bagliore, una flebile speranza messa in bocca a una bambina pallida, nel perfetto finale in cui finalmente si trova una spalla sconosciuta su cui piangere e in cui tre generazioni di donne (più una) pranzano sorridendo allo stesso tavolo.

Su Paolo Virzì

Il suo capolavoro.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati