Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Caterina va in città, Ovosodo, My name is Tanino: Virzì è sempre alle prese con i momenti 'della svolta' nella vita, con quelle fasi critiche in cui si pongono le basi per un futuro che vada a colmare l'apparentemente infinita immensità che costituisce 'tutta la vita davanti'. Molto meglio dei tre titoli citati, molto più realistico e radicato nell'Italia contemporanea (mentre, specie Ovosodo e Tanino, parevano piuttosto piccole fiabe drammatiche), questo lavoro sceneggiato dal regista con Francesco Bruni non rinuncia comunque a qualche banalità (l'arrivismo esasperato e fasullo della Ferilli, del resto claudicante nella recitazione; no comment poi sul discutibile incontro finale con la vecchina) e ad alcuni scambi e dialoghi del tutto fuori dalla realtà (esemplare è la chiamata di Marta alla segreteria telefonica del cellulare di Giorgio, in piena era sms - e peraltro nel 2008 è pure difficile trovare un telefonino in cui ancora scatti l'antiquato meccanismo di segreteria vocale). Se vogliamo chiudere un occhio su queste piccolezze, ecco che compaiono chiari i meriti di Tutta la vita davanti: è un film che non pretende di interpretare 'la crisi', 'il precariato', 'la carenza di valori' (la scena in cui si discute del Grande Fratello vorrebbe inserire l'argomento nel calderone: invece finisce solamente per risultare patetica e fuori luogo), ma di raccontarli da un punto di vista parziale, ma sincero. Per questo motivo - e probabilmente solo per questo - si riescono ad accettare gli inserti narrati dalla voce fuoricampo, che in terza persona ci informa sulla vita della protagonista, rivelando così per il film un'origine letteraria verbosa e artificiosa (un testo di Michela Murgia): bravi gli sceneggiatori a rendere fluida la narrazione. E bravi anche Mastandrea e Germano. Nota a margine: sarebbe stato interessante sviluppare meglio e più a fondo il personaggio di Micaela Ramazzotti, e non solo per il panorama posteriore della ragazza (elargitoci sapientemente da Virzì, che del resto lo conosce bene), ma anche come personaggio antitetico di Marta, simbolo di un modo di vedere la vita opposto al suo. Ma, per essere un film di Virzì, può bastare.
Laureata col massimo dei voti in filosofia, Marta trova impiego solamente in uno squallido call center: ed è pure brava, tanto da meritarsi incentivi, lodi e attenzioni dei capi. Mentre con il ragazzo proprio non va, e sua madre sta morendo in un letto d'ospedale. Che ne sarà di Marta?
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