Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Virzì centra il bersaglio, nonostante sull’argomento della commedia non ci sia nulla da ridere. A un certo punto viene detto che quello del call center è un mondo a parte: temo invece che per molti quello sia ormai semplicemente IL mondo, un mondo mostruoso e fasullo dove ognuno tira fuori il peggio di sé stesso, tra competitività forsennata e manipolazioni grottesche (sarà un caso, ma alla Ferilli vengono sempre bene le parti da stronza). Un mondo a parte sono ormai le poche isole di civiltà rimaste (qui esemplificate dalla madre della ragazza suicida): come dice la bambina alla quale viene spiegato il mito platonico della caverna, “forse le persone vogliono tanto bene ai cani finti perché non hanno mai visto quelli veri”. Ci sono varie sbavature (la voce fuori campo, il sindacalista Mastandrea, Heidegger come chiave interpretativa del Grande Fratello, il sottofinale truculento e convulso, i momenti onirici), ma a un film così si possono perdonare molte cose: avercene, di registi come Virzì.
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