Regia di Sergio Rubini vedi scheda film
Anche se è abitato da attori contemporanei popolari come Rubini e Scamarcio, Colpo d’occhio somiglia poco al cinema italiano di oggi. Un po’ come in certi film di Chabrol o Fassbinder, che vivono dalla prima all’ultima inquadratura di un partito preso dichiarato, isola un piccolo mondo di cose e personaggi sottoponendoli a sollecitazioni estreme sotto la lente del proprio microscopio. Per quale ragione un critico d’arte onnipotente e spietato adesca un giovane scultore (dopo che questi gli ha portato via la giovane morosa, Vittoria Puccini), lo lancia nel firmamento di grandi luci e profitti del mercato dell’arte per poi scaricarlo violentemente e incastrarlo in una trappola letale? Solo per vendetta? In realtà, in questo laboratorio di concentrazione e accanimento, le sue macchinazioni insegnano a pubblico e personaggi la verità: non c’è talento che non sia disposto ad abbandonare ogni scrupolo e affetto per fama e onori. Immerso nella luce calda e vivida di Vladan Radovic (lo stesso di Saimir) e nella sensuale orchestrazione di Pino Donaggio, Colpo d’occhio non è un film sulla manipolazione dell’arte o sull’arte della manipolazione, ma sul pozzo buio che si apre dentro di noi tutte le volte che inseguiamo con ferocia un’ambizione o pretendiamo di possedere una persona. Da questo punto di vista il personaggio più sinistro, interpretato dall’autore e attore Rubini, è anche il più morale.
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