Regia di Sergio Rubini vedi scheda film
Ci sono film che ti coinvolgono e ti appassionano. Questo ti coinvolge al contrario, nel senso che il risultato finale è quello di un film ANTIPATICO, con personaggi ANTIPATICI che vi rappresentano una vicenda ANTIPATICA. La cosa che prima di tutte mi chiedo è la seguente: come può Sergio Rubini, ormai solido uomo di cinema, proveniente da una pellicola interessante, stimolante e riuscita come "La terra", realizzare un'opera così brutta? Fosse il primo film di un giovane al suo debutto, uno ci potrebbe pure passare sopra, ma si tratta di film d'autore realizzato da un cineasta di provata esperienza, e ciò non fa che peggiorare le cose. Proviamo ad analizzare i singoli ingredienti di questo cibo indigesto. Partiamo dalla sceneggiatura. Probabilmente vorrebbe essere prima di tutto INTRIGANTE, dato che alla base c'è una relazione fra una donna e due uomini che se la contendono, con tutto un corollario di passioni, tormenti, sospetti, gelosìe; insomma un bel melodrammone in chiave moderna. Certo, tutti gli elementi che ho appena citato sono presenti ma contribuiscono ad un risultato che somiglia molto ad un fumettone, ad un (foto)romanzone involontariamente grottesco. La vicenda è riassumibile in poche righe: un potente ed eccentrico critico d'arte ama da anni una ragazza molto piu' giovane di lui, la quale però s'invaghisce di un giovane scultore. Fra i tre personaggi si crea un rapporto singolare, soprattutto AMBIGUO, che racchiude odio, dipendenza, fascinazione, vendetta, e qualche altro sentimento forte che senz'altro avro' dimenticato. Già di per sè è una trama impegnativa: una storia del genere la racconti magistralmente, con attori fuoriclasse, e con efficaci risvolti narrativi drammatici, altrimenti ne esce fuori un melò ridicolo e fumettistico come questo. E parliamone, di questa disgraziata triade. Rubini è del tutto fuori parte, questo critico non è nelle sue corde, assolutamente poco credibile. Ma non intendo infierire su un valido uomo di cinema come Rubini: preferisco considerarlo un incidente di percorso. Sulla "Rivombrosa" sarei portato a soprassedere: bella ragazza, non discuto, ma piu' che inespressiva direi ancor peggio, dotata di una espressività tipica da fotoromanzo, per cui le consiglierei di non abbandonare la strada dello sceneggiato televisivo per famiglie dove (per il bene di tutti) può meglio esplicitare la propria valenza artistica. Quanto a Scamarcio, che dire? Fin dai suoi inizi, ma anche in "Mio fratello è figlio unico" che è il film dove il suo talento è stato maggiormente valorizzato, io ne ho sempre tratto una percezione di vanità e di narcisismo. Caratteristiche queste ultime che si sovrappongono a qualsiasi sua (supposta) dignità artistica, fino a coprirla e neutralizzarla. Prendiamo ad esempio questo film: Scamarcio ha un ruolo drammatico, tormentatissimo, ma non riesce a sortire l'effetto desiderato, tanta pare essere la voglia di affermare la SUA faccia, il SUO gesto, la SUA parola. E quando nel film lui si esprime con rabbia e con furore in un paio di "scene madri", il risultato non convince. E' quasi come ci fosse alla base un errore di comunicazione. A rendere ancora piu' difficoltoso il mio approccio a questo film subentra anche un altro elemento: lo scarso interesse che mi lega allo sfondo della vicenda, un ambiente fatto di gallerie, critici d'arte, vernici, feste, cataloghi, e quant'altro. Si tratta di un universo piuttosto lontano dal mio "sentire". (Lo stesso vale, in maniera macroscopica, per il mondo della moda, verso il quale nutro da sempre una naturale avversione). Saranno anche mie "mancanze" culturali, ma di fatto così è. Ah, stavo dimenticandomi del finale: nessuno spoiler, tranquilli. Solo due parole per segnalare una conclusione in chiave thriller che mette la parola fine nel piu' insulso dei modi. E pensare che piu' d'un critico ha individuato riferimenti hitchcockiani: se ci sono, io me li sono persi. Durante la (noiosetta) visione mi è capitato di pensare che nel ruolo impersonato da Rubini, così mefistofelico, avrei visto bene l'istrionismo estremo di un Al Pacino (scusate se volo troppo alto) nel senso che un ruolo così ambiguo e complesso meritava ben altro genere di rappresentazione e non questa macchietta irrisolta.
Un passo falso. Un Rubini da dimenticare.
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