Regia di Shohei Imamura vedi scheda film
Si può fuggire dalla società o meglio dall'umanità? Forse non del tutto, anche quando si presenta ostile e ripugnante. Yamashita (e Imamura stesso) cerca di estraniarsi, di lasciare questa sordida umanità e il suo terribile passato, ma vi deve far ritorno così come le anguille fanno ritorno ai propri fiumi dopo averli lasciati per deporre le uova nell'Oceano. Non comunicare coi propri simili è impossibile! Imamura dirige un'opera in cui dosa bene il reale con l'onirico, il dramma col comico e col venato grottesco. Non scade mai in vuoti sentimentalismi e con la sua mano delicata, ma al tempo stesso decisa, accompagna sin da subito lo spettatore all'interno della vicenda, rendendolo testimone e per certi versi complice dell'uxoricidio della moglie del protagonista. Il sangue zampilla sino a colpire la mdp e quindi lo spettatore. L'inquadratura ci rende Yamashita stessi o quantomeno complici al suo fianco! I colori sono quasi sempre freddi o al massimo tiepidi. L'unico colore caldo e acceso è il rosso del sangue e quello rosso del vestito da "Carmen" della madre malata della giovane collaboratrice del protagonista. Il rosso però è anche il colore della passione, della carne, del sesso. In apertura del film un lampione dell'illuminazione urbana ha un sussulto e lo schermo diventa rosso come nell'inquadratura successiva.....rosso di passione, ma anche rosso sangue......non si può fuggire da se stessi e dai propri sentimenti e bisogna fare i conti con gli altri. l'amore e la morte vanno a braccetto più di quanto si possa pensare.
Poesia!
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