Regia di Davide Barletti, Lorenzo Conte vedi scheda film
Antonio Perrone era l’astro nascente della Sacra corona unita, la mafia pugliese, emergente tra gli anni 80 e i 90. Arrestato e rinchiuso per 15 anni secondo il rigido regime del 41 bis, scrisse un’autobiografia che è alla base del film. Santamaria aderisce mimeticamente al ruolo di bandito, ebbro di cocaina e di violenza, stritolato in giochi di morte qualche volta eterodiretti (per Cosa nostra e la camorra il Salento e la Puglia intera restano terra di conquista). Un mafia-movie interessante, che ha come principale punto di forza l’utilizzo di una voce narrante che si fa “piano sequenza uditivo” e segue la macchina da presa tra le celle vuote di Pianosa e dell’Asinara. È tutta la messa in scena di Davide Barletti e Lorenzo Conte, ex Fluid Video Crew, a essere comunque anomala per un film di genere. Fate caso alle scene d’azione o di violenza: quasi sempre fuori campo. E, dove mostrate (come nel bar dove si gioca alla morra), poco insistite. Come se ai registi interessassero le conseguenze, i vuoti da riempire con la voce, l’effetto acquario del pasoliniano killer Gianfranchino che nuota in mare dopo anni di aria viziata dalla galera. E inesorabilmente scivola verso l’abisso. Molto bravi gli interpreti, per un film che sceglie i percorsi narrativi meno banali.
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