Regia di Louis Nero vedi scheda film
La rabbia del regista è indubbia. Ed è comprensibile anche quella dello spettatore. Già il trailer è esplicativo: il regista si ispira a Fellini e Magritte, contro le caste del cinema e via discorrendo. D’accordo su tutti i concetti: d’accordo sulla politicizzazione del cinema; d’accordo sulla mediocrità di certi produttori; d’accordo sull’involgarimento del Paese; d’accordo sull’annientamento dell’arte in favore delle tette e dei culi evocati da Tinto Brass; d’accordo sulla critica al dio danaro; d’accordo su tutto. Ma la mia domanda è un’altra: questo Luis Nero ha una sua idea di cinema? Si lamenta, giustamente, di non poterla concretizzare perché, detto papale papale (gergo abruzzese; traduzione italiana: pane al pane e vino al vino), non gli danno i quattrini per fare il cinematografo. Ma cosa propone? Perché se questa Rabbia vuole essere al contempo un atto di ribellione e un saggio del talento di Nero c’è da mettersi le mani nei capelli. Virtuosismo teorico fine a sé stesso, la dittatura dell’immagine sterile evocata dall’esperienza pittorica, una miriade di elucubrazioni pseudo-intellettualistiche senza un vero obiettivo (le pippe mentali)… Che strazio.
Troppo facile ricorrere a tali mezzi per manifestare un evidente malessere (che non riguarda solo Nero, ma molti altri autori): e il rischio è quello di fare il gioco dei detrattori. E il punto è anche un altro: questo Nero o è un estremista del minimalismo o un grande bluff. Banalità a non finire nella sceneggiatura, luogocomunismo spudorato senza arte né parte, pressapochismo che vuole farsi scambiare per personalismo artistico, dialoghi paradossali e situazioni al limite del tollerabile (perle del genere non si dimenticano: “È un regista in crisi. Distrugge le sue stesse idee: una specie di autocombustione mentale”): cento minuti sono troppi anche per il proselita più fedele di Godard. È come se Nero voglia farci scontare (ma perché? Ma che colpa abbiamo noi?) il suo insuccesso. È un film fighetto con personaggi antipatici (tutti, compreso l’insopportabile protagonista e il povero Franco Nero ed escluso il beffardo Arnoldo Foà), un controsenso fatto a pellicola: eh sì, perché questo Luis Nero critica critica, ma alla fine della fiera è riuscito ad avere nel cast Franco Nero, Faye Dunaway, Giorgio Albertazzi, Tinto Brass, Lou Castel, Arnoldo Foà, Philippe Leroy, Corso Salani, Cedric Redgrave… e con Luis Bacalov chiamato a comporre il tema musicale principale. Capito la storia? Filmetto insostenibile: bisogna comprendere se Nero ci faccia o ci sia. Perché se ci fa allora prendo questa Rabbia come uno sfogo patinato e ridicolo. Ma se ci è, insomma, il discorso si fa più lungo…
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