Regia di Doug Liman vedi scheda film
Sulla carta, una grande trovata: spostarsi in orizzontale lungo il globo con il solo ausilio di un click della volontà e di un ricordo visivo. Ossia il teletrasporto come segno del viaggio (interiore) nell’epoca della digitalizzazione globale. Viaggiare come una ricerca su Internet o sfogliare un catalogo di last minute. Purtroppo i Jumper (saltatori), questo il nome dei teletrasportatori, sono braccati dai Paladini, guidati da un biancocrinito Samuel L. Jackson, che considerano la loro esistenza un affronto a Dio. In questo modo si passa attraverso le fenditure dello spazio suonandosele di santa ragione, spostandosi da Londra a Roma passando per Tokyo, riuscendo persino a far piombare nel deserto un double-deck bus londinese. Non più banditi del tempo, ma dello spazio. Venuta meno la percezione sacrale del tempo, ci si sposta nello spazio che è cosa decisamente più laica. L’idea è talmente affascinante che sopravvive anche alla scarsa elaborazione che ne fanno David Goyer e i suoi collaboratori. Pure Liman, che se non altro sa come orchestrare i fuochi d’artificio e tenere in campo personaggi d’un certo spessore, sembra spaesato, come se non avesse abbastanza materiale a sua disposizione. Underdeveloped, dicono a Hollywood.
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