Regia di Tim Burton vedi scheda film
Un musical horror gotico di Broadway che sembra scritto per essere portato da Burton sullo schermo. Una tetra e macabra fantasia cantata, mossa dalla vendetta che spruzza di rosso sangue la Londra vittoriana e non lascia nessuno spazio alla bontà o alla speranza.
Nell’ altalenante produzione di Tim Burton post-2000 questo musical/horror si colloca a mio parere decisamente tra gli alti (Big Fish, La Sposa Fantasma) piuttosto che tra i bassi (il Pianeta delle scimmie, la Fabbrica di cioccolato, Alice nel Paese delle Meraviglie).
Trasposizione cinematografica del musical di Broadway firmato Stephen Sondheim, a sua volta basato su una serie di racconti ottocenteschi, è la storia di Sweeney Todd alias Benjamin Barker, barbiere della Londra vittoriana rientrato in patria dopo molti anni di esilio, animato dal proposito di vendicarsi per la distruzione della sua famiglia. Un consumante ed ossessivo desiderio di vendetta è l’unico motivo per cui riprende il rasoio in mano, riavviando la bottega di barbiere in partnership con la sinistra pasticciera Mrs. Lovett.
Insomma, una storia gotica che sembra scritta appositamente per essere portata da Burton sullo schermo: e il regista sa farla sua con sorprendente originalità. Il film fa saltare sulla sedia per la violenza ed il cinismo, sorprendenti per una produzione hollywoodiana di un certo budget e ancor più inconsueti per un musical, segno che l’autore ha potuto godere di notevole libertà creativa nel lasciare libero sfogo alla sua fantasia gotica, al contrario di altri film recenti dove è sembrato invece imbrigliato e ripulito dall’industria dello spettacolo. Non c’è nulla di pulito in questa macabra fantasia che, passando da un’armonia ad una canzone, non rifugge lo splatter anzi indugia in particolari sanguinolenti, gole tagliate e sangue a fiotti. Se all’inizio possiamo simpatizzare per la tragedia umana di Barker/Todd, nel corso della vicenda la sua ossessione ci precipita in una storiaccia malsana ed amorale senza luci di speranza, dove non esistono i buoni e la vendetta non va catarchicamente a punire i malvagi, ma massacra indiscriminatamente gli innocenti fino a consumarsi in una granguignolesca autodistruzione.
Noi amanti delle spettrali atmosfere tipicamente burtoniane abbiamo di che bearci: bellissima è la tetraggine di una fumosa Londra immersa nel grigiore, squarciato solo dal rosso intenso degli schizzi di sangue. Al grigiore plumbeo che pervade la pellicola sfuggono solo le luminose scene del sogno ad occhi aperti di Mrs. Lovett, lucente ma illusoria evasione da una tetra e macabra realtà. Chapeau alla fotografia di Darius Wolzki, così come alle scenografie di Francesca Lo Schiavo e Dante Ferretti, premiati con l’Oscar nel 2009.
Per il cast Burton va sul sicuro affidandosi ai consueti Depp e Bonham-Carter, che se la cavano egregiamente anche nel canto, affiancati dal compianto Alan Rickman (nel ruolo che sarebbe quello del cattivo se in questo film esistessero i buoni) e da Sacha-Baron Cohen.
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