Regia di Tim Burton vedi scheda film
Dopo la sua incarcerazione ad opera del perfido giudice Turpin e la conseguente separazione dalla bella moglie Lucy, dallo stesso magistrato fortemente bramata, Benjamin Barker torna a Londra dove prova a ricontattare la figlia, che è praticamente segregata dallo stesso Turpin. Con la nuova identità di Sweeney Todd, il barbiere cova la sua vendetta nei riguardo di Turpin e tenta, con l’aiuto del giovane Anthony, di recuperare la figlia Johanna.
Tim Burton per la prima volta alle prese con un musical, col feticcio Depp protagonista e la compagna Bonham Carter (insolitamente popputa per via della seconda gravidanza) impiegata nel ruolo della signora Lovett, variabile iper-diabolica del piano di vendetta del barbiere di Fleet Street. Il film per il 90% è cantato, con una struttura tanto imbalsamata da rendere monocorde perfino la prova di attore di Depp, alle prese con un personaggio che coltiva un unico sentimento, la vendetta, la quale finirà per divorarlo. Non derivando direttamente da un soggetto specifico, il film è ricco di riferimenti alla letteratura del passato, tanto da rivelarsi un pastone senza un finale definito (la domanda automatica all’avvento dei titoli di coda è “Anthony e Johanna riusciranno a vivere veramente insieme?”). Al film rimarrà associata la sovrabbondanza di sangue che, nonostante il regista provi ad occultare, è una peculiarità imprescindibile: fiotti e profluvi di liquido ematico ne fanno un prodotto al limite dello splatter in certi frangenti e certamente nopn per tutti gli stomaci.
Di rilievo, ma come potrebbe essere altrimenti in un film di Burton, le tinte fosche disegnate da Darius Wolski e decisivo il contributo di Francesca Lo Schiavo e Dante Ferretti all’allestimento. Non si confonda il film inusuale col film minore: “Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street” è valido, anche se la (solitamente) vincente accoppiata Depp-Burton non è completamente a proprio agio e il film ne risente inevitabilmente.
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