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Sweeney Todd. Il diabolico barbiere di Fleet Street

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sweeney Todd. Il diabolico barbiere di Fleet Street

di lussemburgo
8 stelle

Dopo quindici anni di ingiusta galera, un barbiere fa ritorno a Londra con l’unico scopo di cercare vendetta ed infliggere la morte al colpevole di ogni sua pena con gli attrezzi del mestiere, le lame da rasoio nascoste nella casa che era stata sua e in cui aveva conosciuto un’effimera felicità. Sweeney Todd è la sua nuova identità, la resurrezione tragica di un uomo comune trasformato in efferata macchina omicida. Todd è un non vivente, uno zombie animato da un unico scopo, mosso solo dalla bramosia di togliere la vita a chi gliel’ha strappata per un capriccio per l’insana invidia di appropriarsi di sua moglie, quel giudice Turpin che diventa l’emblema di un’ingiustizia perpetrata per puro egoismo. Adattando il musical originale, Tim Burton ordisce una farsa raccapricciante in cui la musica e il cantato conferiscono al film una dimensione onirica, l’aspetto di un incubo trascinante che sortisce un effetto di efferato grottesco e stride di macabra poesia.
Tutti i personaggi sono dominati e animati dal desiderio, da sogni ugualmente infranti, miraggi cancellati dal delirio vendicativo del barbiere; la fantasia familiare di Mrs Lovett - la complice di Todd -, l’illusione di riordino borghese del giudice, l’ambizione di ricchezza del falso barbiere italiano, il bisogno di amorosa stabilità dell’orfanello. Sono tutti accecati dal sangue che imbratta gli occhi e toglie la capacità di scindere la realtà dal sogno e che li trasforma in deliranti marionette alla disperante ricerca di un’ipotesi remota di vita migliore.
L’arrivo di Todd è un virus che invade Londra, è l’inizio di un’epidemia mortale sbarcata di notte da una nave nella metropoli ottocentesca di Jack Lo Squartatore (le cui gesta erano già state raccontate in un precedente film interpretato da Depp, From Hell). Rifacendosi a piene mani all’iconografia classica a cui l’incipit, l’insistenza sul sangue e le scenografie fanno ampio riferimento, Burton costruisce un film di vampiri sotto mentite spoglie, mostra una città di esseri pallidi e già trapassati che agiscono mossi solo da un istinto imperativo di sopravvivenza che si traduce nella morte altrui. Todd è il vettore di un odio cieco e assetato di sangue, la fonte di un fiume rosso che zampilla e scorre a profusione, invadendo lo schermo e i personaggi, è il paziente zero di un contagio ineluttabile e mortifero che si trasmette ad ognuno e ne cancella l’innocenza tramutandolo in essere demoniaco.
L’imperiosa volontà di vendetta del barbiere potrebbe colorarsi di rivendicazione sociale (punire la borghesia che vampirizza le classi subalterne), di sarcasmo marxista (dare in pasto alle sue vittime chi si nutre degli sfruttati), ma si tinge solo di sangue per l’intransigenza dell’ossessione, mentre del periodo storico eredita la maniacalità industriale con cui sopprime una vittima dopo l’altra come in una catena di montaggio, con tanto di ausilio di macchinari per evitare il dispendio di tempo ed energia.
Tutto è finalizzato al raggiungimento del maggior numero di morti per un “Edward Mani di Rasoio” che, persa l’inossidabile ingenuità, si è trasformato in un robot senz’anima che altro non vuole che sopprimere la fonte del dolore, il segnale residuo di un’umanità pregressa, persa in un trauma inguaribile. Una lesione morale e psicologica così accecante da portarlo ad un parossismo omicida che trasforma un preciso progetto personale di vendetta in frenesia mortale e in furia omicida, che fa del barbiere un assassino seriale dal preciso modus operandi, ben organizzato ma casuale nella scelta delle vittime. E la stessa motivazione originale si smarrisce nella profusione di sgozzamenti, nell’assenza di selezione, nel delirio di onnipotenza dato della facilità nel togliere la vita.
Mentre l’emoglobina riempie lo schermo, lo scherno derisorio di una cecità tragica non permette allo squartatore di riconoscere la donna amata, e il film si conclude su un ultimo colpo di rasoio che crea una pietà macabra, una scultura di corpi senza vita, incisi nella carne e incollati dal sangue che cola dalla gole come lacrime di un dolore viscerale e profondo, inutile e insaziabile.
Solo i due giovani innamorati rimangono tangenziali alla rabbia omicida, imbrattati dal sangue e lambiti dalla follia, ma forse ancora relativamente innocenti.

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