A Roma, vicino a uno dei primi centri commerciali della capitale, quattromila lavoratori precari hanno istituito una fabbrica di occupazione in un'anonima palazzina. Alcuni operatori telefonici organizzano scioperi, manifestazioni e scrivono un giornale per presentare un esposto all'Ufficio del Lavoro. Dopo essersi autorganizzati però hanno perso il lavoro. Qualcuno, tra di loro, avrebbe potuto salvarsi accettando un lavoro sottopagato.
Note
Il documentario di Celestini affronta solo marginalmente le colpe della politica, le mancanze del sindacato e lo schifo dello strapotere aziendale. Lieve e pacato, l’etereo folletto col cielo nel nome corre con passo leggero sulla superficie delle cose: sui volti, le malinconie e le ironie di questi ragazzi, sui racconti e sui sorrisi. E dietro le loro “parole sante” (sante perché giuste) si intravede la realtà agghiacciante dello sfruttamento e l’angoscia di chi è stato derubato del proprio futuro.
E' un documentario. Inutile commentare. Attraverso le testimonianze dei lavoratori ci si fa immediatamente un'idea. Anche perchè i documentari a questo servono.
La fraudolenta applicazione della legge 30/2003 ha creato, nel cuore della capitale, una nicchia di sfruttamento degna della prima era industriale: lavoro a cottimo, stipendio da fame, assenza di garanzie e di diritti, niente ferie, malattia, maternità. Gli schiavi, “incatenati” alla postazione di un call center operante per conto di una nota compagnia telefonica, in… leggi tutto
Il genere documentario, specie se di attualità, non andrebbe di regola guardato con così tanto ritardo rispetto alla data d'uscita nelle sale. Non che il documentario abbia impressa sopra una data di scadenza passata la quale il problema o la vicenda di cui si parla non esistono più. Magari. Le cose però si evolvono, cambiano, e potrebbe capitare di provare una strana…
Non conosco bene lo stile di Celestini, quindi non sapevo cosa aspettarmi da questo lavoro e, probabilmente, mi ha stupito perché assai diverso da quello che potevo immaginare. Benché poeticissimo e delicato riesce comunque a farci capire che no, non è così che deve andare il mondo per nessuno.
La fraudolenta applicazione della legge 30/2003 ha creato, nel cuore della capitale, una nicchia di sfruttamento degna della prima era industriale: lavoro a cottimo, stipendio da fame, assenza di garanzie e di diritti, niente ferie, malattia, maternità. Gli schiavi, “incatenati” alla postazione di un call center operante per conto di una nota compagnia telefonica, in…
Difficile dire cosa sia stata Roma per il cinema - e non solo per quello italiano - senza cadere nella retorica e nei luoghi comuni. Solo poche città al mondo (Parigi, New York, forse Londra) hanno saputo occupare lo…
Una taglist dolente, che parla di disoccupazione, di lavoro che non c'è, di precariato. Temi duri, difficili, che di recente hanno attraversato il cinema italiano trasversalmente ai generi: dal documentario sino alla…
A Cinecittà, a due passi dal Grande Raccordo Anulare, c'è un edificio enorme, espressione della Roma palazzinara e ingorda degli anni '50 e '60. È la sede dell'Atesia, il più grande call center italiano, uno dei più grandi d'Europa, una macchina da 300mila telefonate al giorno e 4000 impiegati che con cornetta, mouse e tastiera rispondono ai clienti Tim. Questi…
Ascanio Celestini, teatrante e documentarista, atterra in una landa desolata vicino al raccordo anulare di Roma: tra un centro commerciale e una colata di cemento sorge il palazzo di Atesia, il primo call center italiano. Quattromila dipendenti, trecentomila telefonate al giorno. Così si va a conoscere i ragazzi che ci lavorano: nel 2000 alcuni tra loro hanno organizzato scioperi,…
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Commenti (1) vedi tutti
E' un documentario. Inutile commentare. Attraverso le testimonianze dei lavoratori ci si fa immediatamente un'idea. Anche perchè i documentari a questo servono.
commento di slim spaccabecco