Regia di Lance Mungia vedi scheda film
Inutile ed evitabilissimo quarto capitolo della saga de "Il corvo". Il soggetto, ormai, non ha più molto da offfrire ed è risaputo che difficilmente un attore riuscirà a replicare il successo e il carisma di Brandon Lee.
Forse a causa della sua morte sul set, Lee è divenuto l'icona perfetta dell'eroe anti-cristiano che risorge dalla tomba per punire i suoi carnefici sotto la guida di un corvo.
Tutti questi filmetti e sequel si rivelano scialbi al confronto. Non hanno né stile né classe né estro.
Questo capitolo differisce un pochino rispetto ai precedenti. Non trae ispirazione dal fumetto di James O'Barr, ma da un racconto di Norman Partridge; non possiede ambientazioni suggestive, ma solo ambientazioni brutte e ha uno stampo poco "cinematografico" e molto televisivo, che sotto certi aspetti ricorda addirittura lo stile di Buffy l'ammazzavampiri.
La miscela di sangue, azione, amore, magia, morte, vendetta e vita oltre la morte è solo in minima parte coinvolgente.
Anche stavolta la violenza sovrabbonda raggiungendo vertici un po' kitsch.
La sceneggiatura sembra proporre soltanto all'inizio qualcosa un pochino più originale della solita minestrina ormai senza più sapore - bella l'idea degli occhi dello sciamano - ma perde colpi mano mano che procede a delineare una trama mesta ricca di banalità e di situazioni surreali affrontate con tocchi deliranti e sopra le righe - vengono trattati senza né arte né parte argomenti complessi come il satanismo e la stregoneria.
Il ritmo è incostante, la narrazione lenta e cupa, i dialoghi per lo più ridicoli e penosi e la regia pessima, senza ispirazione. Ancora peggio si rivela la scelta degli interpreti... tutti insipidi e anonimi.
Edward Furlong è espressivo quanto un cipresso e privo di charme dark. Del tutto inadeguato nel ruolo del protagonista.
Tara Reid, la biondina ex-stellina di "American Pie", pur essendo la cattiva della storia, appare involontariamente comica, insulsa e fuori parte. Dovrebbe tornare a dedicarsi alle commedie.
La migliore del cast probabilmente è Emmanuelle Chriqui, che interpreta il ruolo della pura ed eterea Lily.
Di buono c'è anche che questo film è quello con maggiore sentimento e pathos della saga. Per una volta non riduce al minimo sindacale le scene d'amore, incasellandole in dei brevi flashback, ma favorisce degli adeguati approfondimenti che portano una ventata di tenerezza alla trama.
Dunque, perlomeno l'aspetto romantico è ben trattato e riuscito, con un epilogo emozionante che arriva al cuore. Il resto però è noia e di sterile efetto, purtroppo.
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