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Tropa de Elite

Regia di José Padilha vedi scheda film

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La recensione su Tropa de Elite

di ROTOTOM
8 stelle

Berlino si sa, è un festival atipico, sempre pronto a sorprendere con nomination e premi a sorpresa. Così come è stato il primo a premiare nel 2002 come miglior film un cartone animato, La città incantata di Hayao Miyazaky o a scommettere su un delicato, intimo film come Il matrimonio di Tuya nel 2007, nel 2008 punta sul pugno nello stomaco. Tropa de Elite è un film molto forte, sospeso tra il reportage e la fiction che non risparmia nulla allo spettatore. Il cinema brasiliano sta conoscendo una consapevole rinascita e come è sempre successo, prima di creare una forma di cinema di pura astrazione, riparte da ciò che meglio conosce. La povertà, la violenza, la divisione in classi economiche e sociali. La media borghesia che con il liberismo economico più sfrenato è colata nelle bidonville mentre il 90% della ricchezza è posseduta dal 5% della popolazione. Come del resto sta facendo la Germania, il cui nuovo cinema sta chiudendo i conti con la divisione tra est ed ovest e la seconda guerra mondiale. Così come successe in Italia quando con il neo realismo si scandì il faticoso dopoguerra grazie al linguaggio cinematografico. Prima del genere fine a sé stesso, il tema è la base sicura su cui rifondare un’azienda cinematografica persa, se non in crisi. E il tema è qualcosa che si vede sotto gli occhi tutti i giorni ma solo filtrato attraverso l’obiettivo della macchina da presa e composto intellettualmente dallo sguardo del regista, può essere intellettualizzato, compreso e narrato. Così Tropa de Elite segue le orme di City of god di Fernando Meirelles del 2002, bulimico trattato sulla carriera di malvivente e ideale seguito. Dopo l’impunità, il corpo d’elite al di sopra di ogni parte. La sensazione è che le cose siano peggiorate ulteriormente. Retorica della violenza se non addirittura una sua giustificazione, questo lo sguardo che Josè Padilha sceglie di adottare come cifra stilistica, sceglie di stare dalla parte di chi preme il grilletto facendo di bestialità virtù. La visita del Papa è causa/pretesto di una “pulizia” che mira un po’ alla sicurezza, ma molto alla vendetta se non alla brutalità gratuita. Sullo sfondo di una corruzione della giustizia che parte dai piani alti per toccare anche i poliziotti di strada costretti a ricattare e colludere con i malviventi per poter sopravvivere e minando di fatto la loro opera di tutori dell’ordine in fautori di personali vendette, si muove un corpo di polizia paramilitare fatto di duri e puri, in divisa dalla triste e memore divisa nera, incorruttibili e forgiati nel corpo e nello spirito da uno spietato addestramento marziale. Al di sopra di tutto e di tutti essi hanno la libertà di agire in totale autonomia, odiati e temuti sia dai colleghi poliziotti normali che dai trafficanti di droga annidati nelle favelas, gli uomini in nero spargono morte in repentine operazioni lampo assecondando un ideale di giustizia distorto e figlio degenere di una società profondamente allo sbando i cui malesseri sono così profondamente radicati da non poter essere neppure più chiaramente identificati. Del corpo morente di questa società, gli agenti scelti del Bope spuntano semplicemente le doppie punte, ma di questo nessuno si rende conto. Film molto realistico e duro, narra la storia di Nascimento il comandante di un plotone del Bope che in procinto di divenire padre, si scopre stanco e intuisce l’inutilità conclamata del proprio lavoro. Nonostante tutto continuerà a comandare fino a trovare un degno sostituto al suo ruolo. Quando tra i due candidati a sostituirlo uno muore in un’ imboscata, la rabbia del Bope si scatena in tutta la sua ferocia. Il sostituto di Nascimento è un giovane laureato in legge che mosso da ideali di giustizia vede tutta la propria ideologia frantumarsi contro un muro di corruzione, inefficienza e profonda ipocrisia istituzionale, soprattutto presente nell’ateneo che frequenta in cui anche i giovani che dovrebbero essere la nuova speranza di un futuro più pulito, in realtà sono già marci dalla nascita. Orso d’Oro a Berlino, Tropa de Elite è stato sommerso di polemiche per la ripugnante ideologia che abbraccia, associata ad una forma fascistoide-razzista, senza minimamente comprendere come il film sia la replica di una realtà demente e non una sua glorificazione, anzi attraverso ai personaggi ambigui che mette in campo, sgombra ogni sospetto di mistificazione dei fatti poiché il vero viene mostrato, anche se sorretto da una solida base romanzata. Chi vuol vedere veda, gli altri facciano finta che tutto ciò non esista. Film rabbioso e potente, disilluso e feroce, è il canto di morte della società brasiliana, il tutto trattato con assoluta padronanza del mezzo cinematografico, fotografia sporca e tanta camera a mano nelle scene di guerriglia, un montaggio serrato e sincopato mutuato dall’estetica compiaciuta dei film d’azione americani, il che non può non sottintendere alla responsabilità yankee nel disastro economico dell’america latina odierna. La colonizzazione ha sortito ogni effetto voluto, dice Padilha, a partire da come si muore.

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