Regia di Gillo Pontecorvo vedi scheda film
E' uno spaccato sul mondo dei campi di concentramento che mette i brividi, tanto che ancora una volta ci si chiede come l'uomo abbia potuto mettere in opera qualcosa di cosi mostruoso e disumano. Tuttavia il film è molto più di questo. E' uno studio sull'animo umano e su come la persona reagisce ed eventualmente cambia quando è costretta a vivere in quei luoghi di orrore. In particolare il regista si concentra sul personaggio principale, questa ragazza che all'inizio vediamo candida e innocente, e soprattutto molto altruista e dimentica di sé e della propria vita. Poi, a contatto con la durissima vita del lager e col problema della sopravvivenza, si trasforma a poco a poco in egoista e opportunista, fino a diventare carnefice collaboratrice dei veri carnefici. La metamorfosi più vistosa la si ha quando in pratica si prostituisce per un piatto di lenticchie, che neppure le viene dato. Ma la sua dignità se n'è comunque andata, anche se resta a stomaco vuoto. Poi la vediamo in un crescendo di egoismo, fino alla crudeltà inutile con i prigionieri. Il regista sembra riflettere a quali bassezze, meschinità, e crudeltà si può arrivare per salvare la pelle, per avere abbastanza da mangiare, per ottenere il potere sugli altri. Quest'ultimo elemento, in particolare, sembra esercitare un fascino oscuro e perverso, come si vede ancor più nell'altra donna Kapò. Questo purtroppo è l'essere umano, o meglio, può essere, perché non tutte le prigioniere reagiscono allo stesso modo alla vita nel lager. Qualcuna rimane integra, qualcuna viene presa dalla disperazione e si suicida quando intuisce che potrebbe diventare anche lei una carnefice. Ma anche dal profondo dell'abisso si può volgersi verso la luce e il riscatto. Dall'altro canto, anche le SS (donne e uomini) a guardia del campo vengono rappresentati con una crudezza rara, come dei sadici che si divertono a tormentare e a uccidere degli esseri umani innocenti. Tuttavia Pontecorvo non ne dà mai un'immagine retorica e ridondante, come si rischia in simili frangenti, ma anzi penetrante e tagliente.
Brava la protagonista Susan Strasberg, che rende molto bene la metamorfosi da ragazzina innocente a cinica torturatrice, e bravo anche il tormentato Laurent Terzieff.
Il finale mi è sembrato - questo sì - un po' troppo enfatico nell'insistita disperazione delle ultime inquadrature, quando, in fondo in fondo, il bene e la speranza erano ricomparsi sotto più di un aspetto.
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