Regia di Jim Gillespie vedi scheda film
È un filone a sé il southern horror, con le sue declinazioni gotiche, con i suoi cliché cajun, le sue ambientazioni bayou e l’immancabile sincronismo voodoo a completare un quadro archetipale che da Faulkner e Tennessee in avanti ha sedimentato nell’immaginario americano fino a diventare epocale tanto quanto il western o il northern. Se lo stereotipo del mississippiano rozzo e ignorante, selvaggio, ubriaco e sporco, dedito alla caccia o alla pesca, oltre che essere fuorviante è anche squisitamente pittoresco, è indubbio che un genere che si nutre di atmosfere ambigue, con abbondanza di referenti animaleschi e naturali e di varie trivialità atte a far emergere il lato primitivo e bestiale dell’uomo, ovvero l’horror, non possa di conseguenza trovare nell’ambientazione sureña l’immaginario e lo scenario migliori.
Ed è con questa intenzione che due vecchie volpi come Kevin Williamson e Jim Gillespie si lanciano nel progetto Venom, desiderosi di ricreare o un nuovo Ghostface from Scream (1996) oppure un nuovo assassino con l’arpione direttamente da So Cosa Hai Fatto, film del 1997 che nonostante alcune zoppie era efficace e divertente. Stessa sorte tocca a Venom, va detto.
Se nella prima parte del film avvertiamo qualcosa che non fila giusto, forse l’eccessiva gravità intorno al voodoo e la pressoché assenza di elementi disturbanti – l’ubriacatura di D.J. Cotrona non basta, con l’assedio dello zombie weresnake interpretato da Rick Cramer, il film diventa molto divertente. Segue alla lettera i passi di uno slasher tradizionale con il body count che scandisce la narrazione, bruciando di colpo molte tappe in un vortice di morti violente che generano la tensione giusta, aiutata dall’intrico dei cipressi delle paludi, la nebbia, i piccoli ríos che innervano la swampland e i vecchi cimiteri abbandonati, fino all’epilogo finale in pieno giorno, in contrasto con l’orrore notturno.
Bello, incisivo e plastico quanto basta. Peccato scarseggino gli elementi perturbanti. La sessualità è castrata e normalizzata. Alcol e droghe sono usate come dispositivi di macchiettismo. Si registra giusto un buono splatter touch senza esagerazioni inutili. A volte la sobrietà salva una pellicola.
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