Regia di Antonello Grimaldi vedi scheda film
La perfetta copia visuale del romanzo, di cui contiene tutto lo spirito, nel contempo filosoficamente lieve e profondamente doloroso. L’uomo che, dopo, l’improvvisa morte della moglie, rimane seduto sulla panchina davanti alla scuola della figlia, è l’immagine di una vita congelata nel pensiero di ciò che poteva essere, e che lui, afflitto da una perdita tanto ingiusta, si rifiuta di tradurre in concretezza. Le idee e i progetti devono restare confinati nel regno dei desideri, destinati a restare eternamente inappagati come quello di rivedere la sua donna. L’impossibile tragedia ha trascinato via con sé tutto il possibile, e la normalità è diventata un’utopia, da tenere lontana come un ricordo insopportabile. La realtà di sempre è una riserva di futilità ormai inaccessibile, in cui gli altri continuano a perdersi dietro le inezie della quotidianità, mentre lui li guarda, vedendo, forse, in loro, l’ombra di un altro sé che ora non riesce più a capire. Il sistema dei rapporti sociali è saltato: non esistono più obblighi, né regole, e ciò che conta è solo il bene che si è ancora in grado di donare, come padre e come amico, o, semplicemente, come individuo che conosce il lato disumano della sofferenza. A chi gli passa accanto, Pietro offre aiuto, confidenza, consolazione, ai parenti come agli estranei: solo il suo amore di uomo rimane fuori gioco, represso dalla totale rinuncia, oppure volutamente travolto da una impetuosa ondata di squallida carnalità. Il lutto è una corazza che egli indossa a protezione del suo essere, dopo che questo è stato spogliato di tutti gli abiti accessori, di tutti i ruoli che egli ora non vuole più sovrapporre artificiosamente alla propria personalità. L’autoemarginazione può diventare una forma esportabile di energia morale, se è rivestita di coscienza e di fermezza, ed oppone consapevolmente al mondo una raffica di no, solo per prepararsi a pronunciare, con serenità, quei pochi sì che davvero contano. Caos calmo è la storia di una versione moderna e laica dell’eremitaggio: un vagabondaggio statico e composto, che si propone come alternativa alla classica esistenza borghese, pur restandoci dentro, e dedicandosi ad una solitudine che si apre, come la porta stretta del paradiso, solo a chi, davvero, merita di essere incontrato.
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