Regia di Phyllida Lloyd vedi scheda film
Caleidoscopico musical costruito sulle musiche e sui testi delle canzoni degli Abba, mitico quartetto svedese autore delle più travolgenti marcette disco pop degli anni ‘80. Erano gli anni della voglia di ballare, della libertà sessuale, dei vestiti stravaganti, del kitch e del glamour per cui i quattro si trovarono catapultati nel mondo della disco direttamente dall’iconografia svedese della sorridente e irridente libertà dei filmini erotici in medley con un’immagine aliena fatta di tutine cangianti super attillate, argento lunare, colori, lustrini, piume e tutto l’armamentario che forgiò negli anni a venire quella mitologia queer che ancora influenza eserciti di appassionati. Musica e immagine perfettamente incastrate l’una nell’altra in modo inscindibile, semplice, ritmata potente la prima quanto visibile, riconoscibile ed esplosiva la seconda, e testi molto semplici che rifuggivano qualsiasi intento intellettuale, strutturati in slogan facilmente riproducibili influenzarono la scena musicale quanto se non in maniera maggiore, di tanti altri musicisti o gruppi musicali più dotati. Il film, che riprende il titolo di una delle più famose canzoni degli Abba, si ispira direttamente allo spettacolo teatrale ormai in circolazione, soprattutto negli Stati Uniti, da più di dieci anni, e come lo spettacolo è costruito come pretesto per dare corpo alla colorata cacofonia di suoni del gruppo. La storia della ragazzina che si sposa e desidera conoscere il padre, tra tre possibili ex amanti della madre, in modo da completare il pezzo di sé mancante è semplice semplice. La location dell’isola greca, idilliaca. Amori e amorini si consumano in grande (in)genuinità emotiva mutuata dai romanzetti Harmony. Il finale gioioso ed edulcorante. Interpreti giocondi e contenti di essere presenti, su tutti una Meryl Streep che balla canta zampetta cade s’alza e s’impenna, ricade e rimbalza come un personaggio dei cartoni di Tex Avery; il trio Brosnan – Firth – Skargard si lascia trasportare allegro per l’Egeo memori del passato avventuroso trascorso sull’isola e ognuno interpreta il sé stesso filmico dal quale hanno tratto fama e ricchezza: il bel tenebroso, il morbido e ambiguo, l’affascinante dagli occhi di ghiaccio; le amiche di lei sono pazze pazze, sole sole e troveranno pane amore e tanta fantasia; la neo sposina (Amanda Seyfried) tutta tette, glauchi occhioni umidicci e perenne sorrisone orto-gengivalexploitation 3D, si fa fatica a immaginarla semplice e pura ma tant’è, la storia richiede immedesimazione. Musica a tutto volume pompata a manetta sull’isola, balli sfrenati, coreografie multicolor di giovani corpi danzanti e canterini. Recitazione in sovraeccitato e compiaciuto overacting tutta “yeeehh” “whaaaaaa” “oohhhh”, canzoni interpretate dagli attori stessi e didascalie dei testi per non perdersi nulla ma proprio nulla dell’Abba – pensiero. Per non farsi mancare nulla sgorga dal sottosuolo la mitica fontana di Afrodite, la fontana dell’amore sotto la cui pioggia tutto si accomoda. Titoli di coda cult con gli interpreti vestiti come gli originali che scimmiottano e si divertono, goffi, con le movenze e le coreografie del tempo che fu. Come per le morbide Fruit Joi alle quali era impossibile resistere, dovevi masticarle, qui è impossibile tenere il piede fermo, il tempo ritma e ci si va a dietro, volenti o nolenti, le spalle si muovono, le labbra declamano le liriche in un muto, privato playback. Alla fine si esce sorridenti, frastornati, felici e già dimentichi di tutto, come all’uscita di una discoteca anni ’80, coi vestiti in polyestere dal taglio improbabile dopo una festa scatenata a base di Abba.
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