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Blade Runner. The Final Cut

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Blade Runner. The Final Cut

di axe
10 stelle

Dopo molti anni ho visto nuovamente Blade Runner, nella versione pubblicata nel 2007. La vicenda credo sia nota ai più : in una Los Angeles del prossimo futuro, decadente e brulicante di culture, un poliziotto della squadra "Blade Runner" ha l'incarico di rintracciare ed eliminare quattro replicanti, uomini artificiali precedentemente creati per eseguire attività faticose e complesse, e destinati ad un'esistenza breve. Il protagonista riesce nel suo compito, ma rimane segnato dagli eventi. La trama è semplice; la narrazione molto complessa. Molteplici le tematiche trattate, la principale delle quali è la questione "bioetica" della coscienza delle creature artificiali. E' infatti spiegato, nel corso del film, che quelle che nascono come macchine pensanti, acquistano una propria coscienza, e con essa le capacità di emozionarsi, amare, soffrire, sperare, sognare; nonchè la dolorosa consapevolezza di essere destinati a morire entro breve, a causa di quanto stabilito dalla casa produttrice. Proprio per tentare di sfuggire al destino loro assegnato, i replicanti fuggono sulla terra, ma ivi vedono le loro ambizioni frustrate. L'antagonista principale è la coscienza collettiva della civiltà terrestre, in piena decadenza e senza alcuna possibilità di redenzione, se non la fuga verso altri pianeti, la cui colonizzazione è resa possibile proprio dall'azione dei replicanti. Altra tematica fondamentale del film è l'analisi di questa società : avida; frammentata; caotico calderone di genti, lingue, culture, eppure sterile, incapace di proteggere un qualcosa di buono, quasi furiosa contro i propri servitori - i replicanti - ed i propri figli (J.F.Sebastian) che osano combattere la decadenza. La rappresentazione di questo mondo del prossimo futuro è perfettamente resa tramite scenografie che mescolano architetture del XX Secolo con elementi futuristici che non hanno nulla di bello e lasciano immaginare la pervasività di una tecnologia volta più a inebetire, che incentivare, le coscienze. La terra del futuro è sovrappopolata ed inquinata; questi concetti sono resi rappresentando ambienti cupi, fumosi, opprimenti, la cui oscurità è rotta dai neon di negozi ed insegne pubblicitarie; per lo più ingombri di personaggi eterogenei che vagano apparentemente senza meta. Il protagonista, Deckard, interpretato da Harrison Ford, è figlio, vittima e complice di questa società. Il fugace contatto con i replicanti "ribelli" ed il rapporto con Rachel, un'ulteriore replicante creata per esperimento, inseriscono nella sua mente il seme del dubbio. A conclusione della vicenda, egli sembra consapevole della natura umana dei replicanti. E' anzi lasciato immaginare che anche Deckard sia un replicante. Buona l'interpretazione di Harrison Ford, superba quella di Rutger Hauer - nei panni del carismatico leader dello sparuto gruppo di replicanti, estremamente volitivo, eppure quasi consapevole dell'infausta sorte che lo attende - culminante nel breve ma incisivo monologo finale, che esprime con estrema lucidità il rimpianto e la rassegnazione al cospetto di una fine di cui non comprende il motivo, in un ultimo contatto con l'ineffabile. Bravi anche tutti gli altri interpreti. Un'ultima nota positiva riguarda la colonna sonora di Vangelis, dolce ed estremamente malinconica. Un film pietra miliare della fantascienza - legato al "filone" cyberpunk - ma in grado di oltrepassare i limiti di genere, grazie ad un intreccio proprio del genere poliziesco ed al notevolissimo spessore delle tematiche affrontate.

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