Regia di Rob Reiner vedi scheda film
La delicatezza con cui Rob Reiner decide di raccontare una storia tanto drammatica, riuscendo anche a farci sorridere, è spiazzante.
Per quanto La Morte possa essere una prevedibile compagna nella vita di ogni anziano, quando si manifesta direi che, come è giusto che sia, non è mai ben accetta e, convivere con essa, con il presagio della sua vicinanza, credo sia una delle cose più difficile con cui un essere umano deve confrontarsi.
Edward e Carter, vicini di letto in una stanza d’ospedale, entrambi malati terminali di cancro, nonostante le differenze, di ceto sociale e di vita, decidono di vivere pienamente gli ultimi giorni di vita che gli restano, facendo tutto quello che avrebbero sempre voluto fare e non hanno mai fatto.
Per nulla banale e coinvolgente quanto basta, la pellicola di Reiner, che deve la sua empatia con il pubblico alle due somme interpretazioni dei protagonisti, Jack Nicholson e Morgan Freeman, parla con semplicità di un tema ormai comune a tutti. Attraversa la paura, la rabbia e la frustrazione utilizzando l’amicizia come filo conduttore.
L’amicizia, quel forte legame senza vincoli che collega due persone senza un motivo apparente, che sembra andare anche oltre a quello affettivo e familiare in cui i due protagonisti, ancora una volta, sono agli antipodi; Carter è circondato da una famiglia che ama e che lo ama, Edward non ha mai capito quanto valesse per lui mettere in pratica quel senso paterno che lo renderà migliore.
Una storia che induce a non pensare mai che sia troppo tardi, a non arrendersi a quanto sembra scritto nel destino, ad essere artefici della propria vita; un racconto di sopravvivenza che è soave e pungente al punto giusto.
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