Regia di Federico Moccia vedi scheda film
Spariamo ai pesci nel barile. Questo lungometraggio d'esordio per Moccia (insomma il figlio dello sceneggiatore e regista Pipolo), il regista ed autore del biasimevole best seller omonimo, è fondamentalmente riassumibile in un aggettivo: imbarazzante. Ma di varianti possono trovarsene a iosa: agghiacciante, sconfortante, deprimente, insulso, decerebrato. Pesci nel barile, e io qua a prendere la mira. Non è facile. Le situazioni sono allo stereotipo e da lì non si schiodano; i personaggi sono pure e semplici sagome; la regia è didascalica quando non impotente; il cast almeno non è malaccio e il fatto che Bova si assuma la responsabilità di metterci la faccia fa pensare che la produzione gli abbia garantito per lo meno qualche silos traboccante di banconote per la prestazione. E' un film stucchevolmente politically correct. Il conflitto intergenerazionale sul piano sentimentale è storia vecchia; trattato in questo modo appare ridicolizzato e reso perfino meschino ed insignificante: l'amore che trionfa su tutto - anche l'età - è certamente l'unica morale possibile per un film del genere, ma rimane una esecrabile banalità, soprattutto se priva di qualsiasi risvolto psicologico.
Un bolso quarantenne si lascia con la fidanzata. Per caso conosce una ragazzina minorenne e fra i due sboccia l'amore. La differenza di età sarà una distanza incolmabile?
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